Dichiarazione di Carla Rossi, rappresentante del Partito Radicale presso l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC) e Maria Antonietta Farina Coscioni, membro del Consiglio generale del Partito Radicale:
Roma, 20 febbraio 2020 – Arresto immediato, con custodia cautelare in carcere: provvedimento esteso anche per chi spaccia piccole quantità di sostanze stupefacenti. Obiettivo dichiarato: punire chi dopo un primo fermo, viene rilasciato, e riprende a spacciare poche ore dopo. Quello annunciato dal ministro dell’Interno, signora Luciana Lamorgese, è un rimedio di gran lunga più dannoso del male che intende curare.La modifica al codice penale proposta dal Viminale rischia di portare molti giovani utilizzati come pusher nelle piazze dello spaccio; non è così che si colpiscono le reti del grande spaccio; le forze dell’ordine vengono impiegate in piccole, inutili, operazioni; i piccoli spacciatori, spesso a loro volta consumatori, saranno comunque rimpiazzati da altri loro coetanei. Si intasano ulteriormente le carceri che già si trovano al collasso.E’ l’ennesimo provvedimento-manifesto di nessuna utilità e sicuro danno: per chi viene arrestato; per chi deve dedicare tempo, risorse, energie e dare pratica esecuzione a questo provvedimento.Purtroppo, ancora una volta, si parla di politiche sulle droghe (illegali) senza conoscere la situazione e le dimensioni del fenomeno. Sarebbe sufficiente fare tesoro dei rapporti ufficiali della Direzione Investigativa Antimafia, che – al contrario – non vengono neppure sfogliati.I rapporti della Direzione centrale dei servizi antidroga certificano che dal 2009 a oggi l’indice di efficacia delle operazioni antidroga nei confronti dei piccoli spacciatori, oscilla dal 5,7 per cento (2013), al 6,9 per cento (2016); i soggetti denunciati, quando finiscono in carcere sono immediatamente rimpiazzati, e comunque la quantità di sostanza sequestrata è compresa tra il 5 e il 10 per cento (fonte: DIA).Sulla base di questi dati, si ricava che se si vuole davvero applicare il provvedimento auspicato dal Ministro Lamorgese occorre centuplicare energie e risorse, raddoppiare gli istituti di pena, gli apparati giudiziari. Discutibile, comunque, voler perseguire la sola strada repressiva, oltretutto applicata in modo indiscriminato, da rete a strascico: la questione delle tossicodipendenze e le problematiche ad essa collegata richiedono competenze, “saperi”, conoscenze che di tutta evidenza mancano. Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.