Gazzetta della Val d’Agri
di Maurizio Bolognetti, Segretario di Radicali Lucani e Membro del Consiglio Generale del Partito Radicale (al 40° giorno di sciopero della fame dal 10 marzo, di cui 12 giorni dal 17 aprile).
L’ho detto e lo ripeto; lo dico ormai ogni sera nel corso della rubrica “Buona notte compagni”, che consegno agli algoritmi di Facebook a mo’ di messaggio in una bottiglia: compagno è colui che mangia il pane con un altro. E il pane che proviamo a spartire da sempre, da militanti della nonviolenza, è il “pane” della democrazia, della giustizia, di diritti che sono vita e che fanno la cifra delle nostre vite, del quotidiano vivere o morire, nella misura in cui è indubitabilmente vero quel che Marco Pannella ha più volte ripetuto: “La strage di diritto, diritti, legalità ha per inevitabile corollario, nella storia, la strage di popoli” e, aggiungo, di vite.
Non posso che dire grazie a Sergio D’Elia per quanto ha scritto sulle pagine del Riformista. Nelle parole di Sergio c’è il riconoscersi e il riconoscere ciò a cui da sempre proviamo a dar corpo. Grazie Sergio, grazie di cuore.
É stato detto “beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati”. Ecco, noi abbiamo fame di giustizia e giustizia sociale.
É stato anche scritto “Guai a voi guide cieche che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello”,
ed è a queste “Guide” che ci stiamo rivolgendo nel dialogo e nella lotta nonviolenta. Ci rivolgiamo a chi in Italia e altrove, ogni santo giorno, ingoia il “cammello” della Costituzione, dei diritti umani, della giustizia, a chi nega verità e conoscenza.
In queste ore, Maurizio Turco e Irene Testa, rispettivamente segretario e Tesoriere del Partito Radicale, ci hanno ricordato quel che il 27 aprile ha affermato l’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet: “se lo stato di diritto non è rispettato, l’emergenza sanitaria può diventare una catastrofe per i diritti umani, i cui effetti dannosi supereranno a lungo la pandemia stessa (…) i governi non dovrebbero usare i poteri di emergenza come arma per mettere a tacere l’opposizione, controllare la popolazione o rimanere al potere”.
A rischio di apparire autoreferenziale, anche se non so cosa cavolo significhi essere autoreferenziali, affermo che le parole delle Bachelet rispecchiano la preoccupazione che ho a più riprese espresso all’inizio di febbraio e cioè che l’emergenza sanitaria potesse determinare un aggravamento della già perdurante e pregressa emergenza democratica.
Emergenza democratica determinata dal settantennio partitocratico di metamorfosi del male, in un Paese che, poco prima che esplodesse l’incubo che stiamo vivendo, si stava confrontando, tra l’altro, con il patente tentativo di ridurre il Parlamento a una sorta di condominio. Il condominio di uno Stato che era ed è Stato criminale sul piano tecnico-giuridico, nella misura in cui non rispetta la sua propria legalità e convenzioni poste a tutela dei diritti umani.
In questi mesi, una volta di più, ogni santo giorno ho provato a parlare di democrazia reale e totalitarismo, di diritto alla conoscenza e di attentato ai diritti civili del cittadino, di comunità penitenziaria e di diritto alla salute, di Costituzione e di quel bacillo della peste che, per dirla con Camus, non muore mai, di un’Europa “Orban” e della stramaledetta realpolitik. Addirittura, abbiamo osato interrogarci sulla natura del capitalismo, che è sempre più, anch’esso, “capitalismo reale”.
Con i miei compagni ho provato a dar corpo a una lotta necessaria, a un dato di resilienza e di resistenza contro piccole e grandi onde che rischiano di diventare tsunami.
Grazie Sergio e grazie anche ai miei compagni del Partito Radicale e ai compagni dell’Associazione Marco Pannella di Torino, che da settimane sostengono l’iniziativa nonviolenta che sto alimentando con uno sciopero a staffetta.
Caro Sergio, non volermene, non posso smettere, non ancora, ma per onorare le tue parole, l’amore per la verità e la giustizia che ci unisce, le parole dell’Alto commissario Onu, i miei compagni del Prntt e questa nostra lotta, questa sera sospenderò lo sciopero per qualche ora, bevendo alla tua salute un brodo di carne e mangiando qualche patata lessa. Lo sciopero, però, per ora prosegue ad oltranza.
Voglio provare ad alimentarla ancora questa fame strumento del nostro Satyagraha (insistenza per la verità).
Nel farlo leggo una volta di più Silone e il suo “Uscita di sicurezza” e una frase, parole che non smettono di alimentarmi: “La vita, la morte, l’amore, il bene, il male, il vero cambiarono senso, o lo perdettero interamente”.