Giustizia, Partito Radicale: Orazio Paolello sarebbe una risorsa per Gela

Il bilancio di ieri della Carovana per la Giustizia di raccolta firme sulla proposta di legge per la separazione delle carriere tra pm e giudici in corso è il seguente:
– Carcere di Gela: 32 firme su 38 detenuti.
– Carcere di Caltagirone: su 396 detenuti (230 extracomunitari e 33 seguiti dal SERT) 60 firme raccolte
– Tavolo raccolta firme a Gela: 190. Si sono iscritti al Partito Radicale il vicepresidente della Camera Penale Raffaela Nastasi, il segretario Angelo Faggione e il consigliere comunale Salvatore Scerra. Il presidente Giacomo Ventura era già iscritto.

Il programma di oggi:
Lunedì 7 agosto
• ore 10.00: raccolta firme al carcere di Ragusa e a seguire conferenza stampa
• ore 11.00: raccolta firme al carcere di Noto e a seguire conferenza stampa
• trasferimento a Siracusa
• ore 18.00: Noto,tavolo raccolta firme in corso Vittorio Emanuele, davanti al palazzo del Comune, organizzato con le Camere Penali

Vi proponiamo le dichiarazioni raccolte ieri a Gela da Sergio D’Elia, Segretario di Nessuno Tocchi Caino, di Luisa Paolello, sorella di Orazio Paolello, l’ex boss della Stidda condannato all’ergastolo ostativo, dopo 20 anni al 41 bis, e che ha preso parte al docu-film Spes contra spem di Ambrogio Crespi, prodotto da Nessuno Tocchi Caino: “Nel docu film me per è stata una gioia vedere il cambiamento profondo, direi propriamente radicale – che ha avuto mio fratello, provato tantissimo da 24 anni di 41 bis. Lui è rinato, ho visto un volto nuovo grazie a voi e al documentario. Con sofferenza lui ha preso coscienza degli errori che ha commesso e chiaramente lo tormentano. La consapevolezza di aver sbagliato gli da grazie a voi la speranza di una vita che sia vita, è un uomo nuovo. All’inizio della carcerazione lui non soffriva solo della detenzione ma aveva una pena interiore che tuttora ha per le azioni che ha commesso. Ancora oggi ha notti insonni. Però con la speranza che voi avete dai a lui, mio fratello ora vede una luce, pur avendo ancora dentro un tunnel oscuro perché la pena non si limita alla carcerazione e al fine pena mai”.

Anche l’altro fratello di Luisa, Antonio, condannato a due ergastoli, era detenuto al 41 bis, ad Ascoli Piceno: “Antonio nel 2002 soffriva da mesi di dolori lancinanti e noi familiari chiedemmo che gli fosse fatta almeno una radiografia. Dopo quasi un anno nulla perché si sa che al 41 bis tutto è più difficile. Quando mi accorsi che aveva perso 10 chili in un mese mi attivai con l’avvocato per mandargli un medico che almeno lo visitasse con attenzione. Ma ci ha preceduto una telefonata che ci diceva che era stato trasferito all’ospedale della città perché improvvisamente si era aggravato. Abbiamo fatto il possibile per vederlo ma non ci è stato permesso. Poi lo hanno trasferito nel carcere di Pisa e neanche lì ce lo facevano vedere. Allora decisi di contattare voi di Nessuno Tocchi Caino perché Orazio me lo consigliò in quanto sapeva che vi occupavate di diritti umani e diritti dei detenuti. Grazie a voi ci hanno dato il permesso di incontrarlo e abbracciarlo. Da lì cambio tutto e fu sottoposto alle cure palliative perché aveva un cancro terminale. Poi gli fu sospesa la pena per motivi di salute ed è tornato qui a casa. Poi dopo 7 mesi morì, ma in armonia con i familiari vicini. Grazie a voi del partito radicale, a Marco Pannella, una persona speciale, un politico unico rispetto agli altri, che non si è mai lasciato corrompere, oggi lo amo ancora di più, grazie a lui e a voi io ho ritrovato mio fratello. Per questo mi sono iscritta al Partito Radicale!”.

E prosegue: “Per noi è stato un vero dramma che questi due ragazzi si siano persi. Né nella famiglia di mia madre né in quella di mio padre erano accaduti fatti criminali di tale portata. Tanto è vero che all’inizio della carcerazione i miei genitori non volevano andarli a trovare perché ritenevano che avessero rovinato la nostra famiglia macchiandosi di reati così gravi. Fu allora che feci io un passo avanti per avvicinarmi ai miei fratelli e capire la loro situazione detentiva. Ora Orazio è vita, speranza: dopo tutto quello che abbiamo passato vedere Orazio e il suo coraggio di parlare pubblicamente del suo percorso, degli errori commessi in gioventù mi da ancora più forza e per questo lo sostengo perché c’è un uomo nuovo”.

Sergio D’Elia: “Oggi Orazio ha 51 anni e davanti il fine pena mai, che sta scontando nel carcere milanese di Opera. Se tornasse nella sua città, Gela, Orazio potrebbe essere una risorsa, un esempio un valore proprio perché lui ha vissuto da ragazzo quell’esperienza negativa del male. La sua conversione dalla violenza alla nonviolenza potrebbe prevenire il male commesso da altri. Per suggellare il cambiamento Orazio ha deciso di iscriversi al Partito Radicale”.

Conclude Luisa Paolello: “Orazio potrebbe dare tanto alla comunità di Gela perché l’esperienza vissuta servirebbe a dire ai giovani che intraprendono una brutta strada che non ha senso percorrerla per bruciare la propria vita, quella della propria famiglia e quella degli altri. Così Orazio in parte potrebbe risarcire per i danni causati alla società”.

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