di Maurizio Turco
“Stato di diritto in Polonia e Ungheria: situazione deteriorata” è il titolo del comunicato stampa del Parlamento europeo che illustra la risoluzione, adottata in plenaria giovedì scorso, che fa il punto della situazione sulle audizioni in corso fatte sulla base dell’articolo 7 del trattato sull’Unione europea.
Articolo sulla base del quale il Consiglio, alla fine di una lunga e lenta procedura, può constatare che esiste un evidente rischio da parte di uno Stato membro di violazione grave dei valori di cui all’articolo 2 dello stesso Trattato. Ovvero, rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze.
L’Ungheria e la Polonia sono sospettate dalle istituzioni europee di violare in tutto o in parte questi valori.
Il Parlamento europeo aveva invitato il Consiglio a procedere a constatare l’esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte dell’Ungheria dei valori su cui si fonda l’Unione con una risoluzione del 12 settembre 2018. Per quanto riguarda la Polonia, il Consiglio ha preso una decisione con un documento di ben 186 punti e 158 note con il quale constata che “Esiste un evidente rischio di violazione grave dello Stato di diritto da parte della Repubblica di Polonia” e l’invitava ad adottare una serie di provvedimenti. Correva l’anno 2017. La risposta polacca non c’è stata. Il rischio evidente è in realtà una violazione conclamata ma non ancora sanzionata.
E qualora venisse constatata la violazione “il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio.” Sull’efficacia di tale misura, com’è evidente, c’è molto da dubitare.
Il documento del Parlamento europeo dopo aver preso atto, espresso profonda preoccupazione ed essersi rammaricato, aver osservato ed espresso un parere e dopo aver ribadito il già detto, conclude con l’incaricare “il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione e al Consiglio, ai rispettivi Presidenti, governi e parlamenti della Polonia e dell’Ungheria nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.”
Dal documento del Parlamento europeo traspare un dato di impotenza, o meglio di istituzioni che sono nelle mani dei governi nazionali con l’organo eletto dai cittadini che, di fatto regge il moccolo. Conosciamo il refrain: tanti passi avanti sono stati fatti. D’accordo, ma in quale direzione? Non certo verso quella indicata dal Parlamento europeo nel febbraio 1984 con il “Piano Spinelli”, votato a stragrande maggioranza anche dai dai conservatori inglesi, poi affossato da parlamenti e governi nazionali.
Non da oggi si può affermare che lo Stato di Diritto nell’Unione europea è “deteriorato.”
Lo dice lo stesso Parlamento europeo nella risoluzione quando, “osserva con preoccupazione che le relazioni e le dichiarazioni della Commissione e degli organismi internazionali, quali l’ONU, l’OSCE e il Consiglio d’Europa, indicano che la situazione sia in Polonia che in Ungheria si è deteriorata sin dall’attivazione dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE; fa notare che l’incapacità del Consiglio di applicare efficacemente l’articolo 7 TUE continua a compromettere l’integrità dei valori comuni europei, la fiducia reciproca e la credibilità dell’Unione nel suo complesso;”.
Che altro aspettarsi dall’Europa intergovernativa fondata sugli interessi e gli egoismi degli Stati nazionali?
Un’Europa che soccombe davanti alle spavalderie nazionali e soccombe davanti alle grandi potenze mondiali pur avendo tutti i connotati per potersi invece confrontare.
La risposta la consociamo, la conoscono; la risposta è l’Europa federale, sono gli Stati Uniti d’Europa.
Nel 1941, quando 16 degli attuali 27 paesi europei erano retti da regimi totalitari, nell’isola di Ventotene, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi scrivevano il Manifesto di Ventotene. Prefiguravano un futuro, o per meglio dire, un sogno, di una Europa libera e unita.
Oggi il “sogno” degli Stati Uniti d’Europa è una urgente, impellente necessità.