Davigo in pensione e fuori dal Csm “Restaurazione nella magistratura”

Voto a maggioranza: “Un pensionato non può rappresentare le toghe”. Nelle chat attacchi al vicepresidente Ermini. La trama è scespiriana. Mentre testimonia a Perugia, convocato dallo stesso Luca Palamara che ha appena contribuito a espellere dalla magistratura, Piercamillo Davigo va in pensione e viene giubilato dal Consiglio superiore della magistratura dove era entrato due anni fa, plebiscitato dai colleghi per dare l’assalto alle correnti.

Chi gli aveva parlato negli ultimi giorni aveva percepito, oltre la proverbiale corazza da ufficiale di cavalleria nella battaglia di Guastalla, la percezione di un esito infausto. La questione della permanenza nel Csm anche da pensionato s’era ingarbugliata. Troppe variabili ostili: un lontano precedente del Consiglio di Stato, il parere dell’Avvocatura dello Stato, la campagna dei penalisti (tre sono nel Csm), lo schieramento dei vertici della Cassazione e del vicepresidente Ermini, i regolamenti di conti nella sinistra giudiziaria. Infine ieri, in apertura del dibattito, la sentenza di Nino Di Matteo, pm antimafia eletto un anno fa con il sostegno della corrente di Davigo (che però aveva sconsigliato la candidatura). “Dobbiamo volare alto – ha detto Di Matteo – la permanenza di Davigo violerebbe lo spirito della Costituzione”, compromettendo “autonomia e indipendenza della magistratura” perché il Csm è per magistrati in servizio, non ex. Argomenti analoghi a quelli, attesi, dei vertici della Cassazione (presidente Pietro Curzio e procuratore Giovanni Salvi). E a quelli, meno attesi, del vicepresidente David Ermini, che ha letto l’intervento in coda al dibattito. Gioco, partita, incontro. Tutto il resto – dal pallottoliere dei voti, alla fine 13 su 24, alle 5 astensioni tattiche, alle punzecchiature personali, ai silenzi imbarazzati – è noia. Era stato lo stesso Davigo a porre la questione a settembre. Sia formalmente con una lettera alla commissione titoli del Csm che ha avviato l’ordalia. Sia informalmente, con una visita riservata al capo dello Stato, presidente di diritto del Csm. Il Quirinale ha avuto un ruolo, perché i vertici del Csm non decidono tirando i dadi. Ma solo nel senso di autorizzare una presa di posizione di Ermini e dei capi della Cassazione, poi orientata verso la soluzione più adeguata a rinsaldare il Csm, anche nel rapporto con le altre istituzioni e in un’ottica di sistema. Certo non sfuggono le implicazioni della decisione. Simboliche, in primis. Far fuori Davigo è come sostituire Cristiano Ronaldo a partita in corso (ne sa qualcosa Sarri, uno dei migliori amici di Ermini). E infatti sui social esultano i suoi nemici politici, togati e mediatici. Ma, quel che più conta, cambiano gli equilibri nel Csm. L’asse Davigo-Area, un compromesso storico destra-sinistra che ha retto il post Palamara in nome della “questione morale”, è piegato. Quanto, si misurerà sulle nomine e sui collegi dei processi disciplinari in calendario (Palamara non si dilettava in solitari all’hotel Champagne). Rialzano la testa, basta leggere i comunicati serali, Magistratura Indipendente e Unicost, le correnti di centrodestra che nel 2018 si erano impadronite del Csm grazie al patto Ferri-Palamara. E, complice Lotti, avevano eletto Ermini vicepresidente, contro tutto e tutti (da Forza Italia a Magistratura Democratica). Ermini che, superati i patemi per le chat e le allusioni di Palamara, esce rafforzato in un ruolo non più meramente notarile. Non a caso Ilaria Pepe, consigliera della corrente Autonomia & Indipendenza fondata da Davigo, parla di “gravissima perdita della residua credibilità del Csm”. E nelle chat della corrente si grida alla “restaurazione” (ri)mettendo Ermini nel mirino in quanto “amico di Renzi” (non come un tempo, peraltro). Renzi che venerdì si era pronunciato pubblicamente sul caso Davigo, e si può immaginare come. A proposito di chi dice che è stata solo una contesa giuridica. In attesa di giocarsi l’ultima carta al Tar Lazio, Davigo oggi tornerà un ultimo giorno al Csm. Per salutare e fare gli scatoloni. Comunque la si pensi, è stato un consigliere autorevole e ascoltato. Anche da insospettabili colleghi che a orari antelucani (arrivava prima dei custodi) bussavano al suo ufficio. Pure ieri non ha fatto una piega. Al punto da rifiutare il rinvio che Raffaele Cantone, procuratore di Perugia, gli aveva prospettato per la deposizione a Perugia nell’ambito del caso Palamara. Testimonianza di un’ora chiesta dagli avvocati dell’indagato, sugli incontri tra magistrati nella stagione delle nomine e degli esposti incrociati.

La Stampa, 20 ottobre 2020 di Giuseppe Salvaggiulo

2 Comments

  • Maria Laura Cattinari 28 Ottobre 2020

    Sono, sull’argomento, la persona più ignoranteche ci sia ma sento, come una vera offesa a tutto ciò che c’è di moralmente accettabile in questo nostro Paese, quanto sta accadendo nel CSM ed in particolare, appunto, il congedo del Giudice Piercamillo Davigo che ho avuto modo di apprezzare più volte nel corso degli anni. Voglio sperare che rientri presto nel CSM.

  • Maria Laura Cattinari 28 Ottobre 2020

    Sono, sull’argomento, la persona più ignorante che ci sia ma sento come un’offesa a tutto ciò che c’è di moralmente valido nel nostro Paese, ciò che sta accandendo nel CSM ed in particolare appunto l’estromissione del Giudice Piercamillo Davigo che ho più volte, negli anni, avuto modo di ascoltare con piacere. Spero in un ripensamento.

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