“Subito amnistia, poi riforma per carceri più umane”, parla il magistrato Marino

«Amnistia e indulto? Per certi versi rappresentano una sconfitta dello Stato, ma non c’è dubbio che, alla luce delle vergognose condizioni delle carceri italiane e campane, un atto di clemenza sia necessario»: ne è convinto il magistrato Raffaele Marino, per anni in prima linea contro la camorra e oggi sostituto procuratore generale della Corte d’appello di Napoli.

A sottolineare la necessità di un provvedimento capace di decongestionare le prigioni è stato il garante regionale dei detenuti, Samuele Ciambriello, in considerazione del forte aumento dei contagi da Covid dietro le sbarre. I numeri parlano chiaro: in Campania sono 141 i reclusi positivi, 80 dei quali solo a Poggioreale, e 187 gli infetti tra agenti della polizia penitenziaria e personale carcerario. Prima del garante erano state le Camere Penali a sottolineare la necessità di un provvedimento volto a garantire condizioni detentive meno disumane a prescindere dalla pandemia. Amnistia o indulto, dunque? «La prima è preferibile perché estingue il reato e porta alla chiusura dei procedimenti in corso – spiega Marino – mentre l’indulto implica la celebrazione del processo perché si calcola sulla base della pena applicata in concreto o sul residuo che il detenuto deve scontare. Un atto di clemenza è indispensabile perché le prigioni versano in condizioni indecenti così come appare necessario allestire strutture idonee per la prevenzione e la cura del Covid per i detenuti». Eppure molti, in Italia, restano contrati ad amnistia e indulto ritenendoli un segno della resa dello Stato davanti a criminali o presunti tali. «Certo, quando si approva un simile provvedimento lo Stato riconosce l’incapacità di applicare la legge fino in fondo e di far scontare la pena ai condannati – osserva il pm – Nello stesso tempo, però, bisogna ammettere come lo Stato non sia più in grado di assicurare condizioni di vita umane ai detenuti e di rieducarli in vista del loro rientro nella società. Lo testimoniano le decisioni con cui sempre più giudici civili condannano il Ministero della Giustizia per aver costretto i detenuti in spazi troppo angusti». In effetti, il numero di queste sentenze di risarcimento è in crescita.

Il Riformista Ciriaco M. Viggiano — 15 Novembre 2020

2 Comments

  • Maria 18 Novembre 2020

    Mi piacerebbe se e possibile avere per i nostri cari un beneficio, non solo per alcuni, solo perché hanno soldi per per poterlo fare. Ma per noi povera gente c’è qualcosa anche per noi. Tanta gente è in prigione solo per motivi futili ed è li che paga. Le loro colpe. Ma quanti escono per colpe molto piu gravi e sono a. Casa!!!!!…..

  • Riccardo 19 Novembre 2020

    Lo Stato non può più rendersi correo nell’abusare dei primari diritti . In questo caso di specie potrebbe essere più grave il reato commesso dallo Stato che quello commessi magari da parte di chi e’ recluso in condizioni che ledono i primari diritti alla vita è come da sentenze della CEDU

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