Il Consiglio di Sicurezza ONU sul sostegno in Myanmar non riesce a prendere posizione

Riunito martedì il Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla situazione in Myanmar non è riuscito ad adottare nessuna posizione. I diplomatici hanno detto che il ripristino della democrazia era l’elemento chiave di una bozza di dichiarazione preparata per il Consiglio da rilasciare ai media dopo la riunione a porte chiuse, insieme a una condanna dell’azione dei militari e un appello per il rilascio immediato di tutte le persone detenute. Ma la dichiarazione non è stata rilasciata perché richiede il sostegno di tutti i 15 membri del Consiglio e le missioni delle Nazioni Unite per la Cina e la Russia hanno detto che avevano bisogno di inviarla alle loro capitali per la revisione.

Christine Schraner Burgener , Inviato Speciale ONU per il Myanmar, si è rivolta agli Ambasciatori durante una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza, sostenendo che “Più che mai, l’unità di questo Consiglio è cruciale”.  La crisi deriva dalle elezioni tenutesi a novembre, che segnano le seconde elezioni democratiche in Myanmar dalla fine del governo militare un decennio fa. Il partito della Signora Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia (NLD), ha ottenuto una vittoria schiacciante. I militari e alcuni partiti politici hanno sostenuto che il voto è stato fraudolento. La Corte Suprema del Myanmar doveva pronunciarsi questo mese sulla sua giurisdizione sulle denunce di presunte violazioni legate alle elezioni.  Burgener afferma ceìge “Avevamo incoraggiato in precedenza che tutte le controversie elettorali fossero risolte attraverso meccanismi legali stabiliti”; “Sembrava esserci un impegno da parte dei militari a salvaguardare lo stato di diritto. Quindi, la svolta degli eventi è stata sorprendente e scioccante”. L’inviato dell’ONU ha sottolineato la vittoria della NLD alle urne.  Il partito ha vinto più dell’82% dei seggi, che “ha fornito un forte mandato rinnovato alla NLD, riflettendo la chiara volontà del popolo di Myanmar di continuare sulla strada duramente conquistata della riforma democratica”.  Ha chiesto che lo stato di emergenza sia abrogato e che i leader detenuti siano rilasciati, mentre il processo di contenzioso post-elettorale dovrebbe riprendere “con pieno impegno da entrambe le parti”.  La proposta dei militari di tenere di nuovo le elezioni dovrebbe essere scoraggiata. “Non possiamo permettere che il Myanmar si ritiri completamente dall’apertura del 2011”, ha avvertito, esprimendo i timori per le conseguenze umanitarie della crisi, dato che tutti i voli, compresi quelli di soccorso delle Nazioni Unite, sono stati sospesi fino ad aprile. L’Inviato ha anche evidenziato altri aspetti della crisi, che potrebbero ostacolare gli sforzi per affrontare la situazione della comunità Rohingya del Paese, che vive principalmente nello stato di Rakhine, nel Myanmar occidentale  che in passato ha affrontato violente persecuzioni da parte dei militari. Si dice che circa 600.000 Rohingya rimangano nello stato di Rakhine del paese, compresi circa 120.000 che sono effettivamente confinati nei campi.

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