Per il presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite Volkan Bozkir, anche se il mondo ha fatto “grandi passi avanti” da quando è stato segnalato il primo caso di AIDS quattro decenni fa, “la tragica realtà è che i più vulnerabili rimangono in pericolo”.
“I più deboli sono a maggior rischio di essere lasciati indietro, poiché l’AIDS rimane non solo un problema di salute, ma una sfida di sviluppo più ampia”, ha aggiunto Bozkir durante un incontro di tre giorni sul tema. Pur riconoscendo che i decessi legati all’AIDS sono stati ridotti del 61% dal picco del 2004, il presidente ha avvertito che il sottoinvestimento alla lotta contro l’HIV ha fatto sì che molti paesi “non raggiungessero gli obiettivi globali stabiliti cinque anni fa”. Per il presidente la pandemia di COVID-19, i conflitti e le emergenze umanitarie hanno impedito e impediscono tuttora il progresso a riguardo, dato che i sistemi sanitari sono sotto immenso sforzo e i servizi critici e le catene di approvvigionamento sono interrotti. Bozkir ha evidenziato infine che i disastri di carattere climatico, prevalenti in aree con un alto carico di HIV, pongono ulteriori rischi per i più vulnerabili, innescando stigma e discriminazione e isolando ulteriormente coloro che sono già emarginati. “L’AIDS è un’epidemia di disuguaglianze”, ha precisato, e “se vogliamo porre fine all’AIDS entro il 2030, dobbiamo porre fine alle disuguaglianze”.
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