Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, più di 100.000 bambini del Tigray, in Etiopia, potrebbero soffrire di malnutrizione acuta grave pericolosa per la vita nei prossimi 12 mesi, un salto di dieci volte rispetto ai livelli medi annuali. Lo sviluppo arriva mentre l’UNICEF ha annunciato di aver recentemente raggiunto aree del Tigray che erano precedentemente inaccessibili a causa dell’insicurezza legata a quasi nove mesi di conflitto tra le forze del governo e quelle fedeli al Tigray People’s Liberation Front, o TPLF. Le valutazioni indicano anche che il 47% delle donne incinte e che allattano sono gravemente malnutrite, suggerendo che potrebbero affrontare più complicazioni legate alla gravidanza, un aumento del rischio di morte materna durante il parto e il parto di bambini di basso peso, che sono molto più soggetti a malattie e morte. Nel frattempo, il portavoce del Programma Alimentare Mondiale (WFP), Tomson Phiri, ha dichiarato che un convoglio di più di 200 camion era in viaggio verso il Tigray, ma “questa è una goccia nel mare”. Almeno 100 camion sono necessari ogni giorno “se vogliamo avere una possibilità di invertire la situazione catastrofica”. Gli ultimi dati delle Nazioni Unite indicano che i partner umanitari hanno raggiunto quasi 3,7 milioni di persone. Ma la risposta agli aiuti è stata rallentata dai servizi di comunicazione interrotti e dalle diffuse interruzioni di corrente. Un’ulteriore sfida è il fatto che il movimento delle squadre di soccorso e dei rifornimenti è possibile solo attraverso un percorso, attraverso la regione di Afar, che richiede il passaggio attraverso molteplici posti di blocco, dove il personale umanitario è stato interrogato, intimidito e in alcuni casi detenuto, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA). Anche il finanziamento umanitario rimane un grosso problema, dato che sono ancora necessari più di 430 milioni di dollari per finanziare la risposta umanitaria in Tigray fino alla fine dell’anno. Secondo l’OCHA, 5,2 milioni di persone – circa il 90% della popolazione – hanno ora bisogno di assistenza umanitaria salvavita e centinaia di migliaia stanno affrontando condizioni simili alla carestia.
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