Malati psichiatrici dietro le sbarre, l’ultima vergogna del sistema carcerario – di Vladimiro Zagrebelsky

Le Rems sono appena 32 e nemmeno distribuite su tutto il territorio. In attesa che si liberi un posto continua la detenzione negli istituti di pena.

Le ripetute denunzie della associazione Antigone e di Monica Gallo, garante dei detenuti di Torino, hanno finalmente avuto esito. E il padiglione del carcere Lorusso e Cutugno di Torino utilizzato per i detenuti con problemi psichiatrici è stato sgomberato e sarà ristrutturato. Viene rimossa una situazione di inumanità degradante, legata principalmente allo stato materiale di quei locali. Ma rimane un problema generale, che riguarda la società nel suo insieme e specialmente quei detenuti, in più malati, che sono nelle mani e nella responsabilità dello Stato.La legge prevede i casi in cui ai condannati o prosciolti per infermità di mente, socialmente pericolosi, sono applicate misure di sicurezza. Tra esse il codice penale menzionava gli ospedali psichiatrici, che con la legge del 2012 sono stati chiusi. Come documentato – anche per il lavoro e la Relazione finale (2011) della Commissione di inchiesta senatoriale sul Servizio sanitario nazionale, presieduta da Ignazio Marino – si trattava di luoghi incompatibili con il divieto costituzionale di trattamenti contrari al senso di umanità. Ma, chiusi gli ospedali psichiatrici giudiziari, restava il problema del trattamento di pazienti psichiatrici pericolosi. Essi sono oggetto di una misura di sicurezza imposta da una sentenza penale definitiva o da un provvedimento cautelare disposto dal giudice nel corso del processo penale. Nell’intento di contemperare le esigenze di difesa sociale con la necessità di trattamenti terapeutici riabilitativi, la legge stabiliva che, entro il 2013, si istituissero strutture di carattere sanitario, con mezzi di sicurezza e vigilanza esterna solo nella misura del necessario. Di rinvio in rinvio le Rems (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza) vennero create a partire dal 2017. Per rispettare il carattere sanitario delle nuove strutture e consentire il mantenimento dei rapporti familiari e sociali, si previde che esse fossero diffuse sul territorio e di dimensioni ridotte (non più di 20 ricoverati).

Trattandosi di istituti sanitari è prevista la primaria responsabilità delle Regioni. La legge stabilisce che il giudice disponga il ricovero nelle Rems dell’infermo o seminfermo di mente pericoloso solo se nessun’altra misura di sicurezza sia sufficiente ad assicurare cure adeguate e considerazione della sua pericolosità sociale. Tuttavia, il numero delle Rems effettivamente istituite non è sufficiente al ricovero delle persone cui il giudice abbia applicato la misura del ricovero. Sono 32 in 16 Regioni diverse. Si sono così create liste di attesa regionali. Se si tratta di detenuti, in attesa che si liberi un posto, continua la detenzione in carcere. Se invece non si tratta di detenuti, essi rimangono in libertà o soggetti alla sola libertà vigilata. I problemi che si pongono sono evidenti e gravi. Infermi di mente pericolosi non sono trattati come sarebbe necessario. Sia se liberi, sia se detenuti la loro infermità e la loro pericolosità non è adeguatamente gestite sul territorio o in carcere. In carcere poi il personale penitenziario manca della preparazione specifica per il trattamento di infermi psichiatrici. Sia questi che il personale penitenziario sono sottoposti a pesantissime condizioni di vita e di lavoro. La situazione è grave sotto più di un aspetto. L’ha anche denunziata il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà. C’è l’illegalità della detenzione in carcere di persone che la legge e la decisione del giudice obbligano a trasferire nelle Rems, facendo così cessare lo stato di detenzione. C’è l’inumanità del trattamento, per le condizioni delle celle e comunque per l’inidoneità del necessario trattamento sanitario. Tra poco interverrà la Corte costituzionale, che deve decidere una questione di costituzionalità riguardante proprio il mancato ricovero in una Rems disposto dal giudice. La Corte ha chiesto ai ministri della salute e della giustizia, oltre che al presidente della Conferenza delle Regioni una serie dettagliata di informazioni. Tra le altre, il numero delle Rems, quello dei pazienti ricoverati in Regioni diverse da quelle di origine, le dimensioni delle liste di attesa e la loro durata, il numero e la tipologia dei reati commessi dalle persone oggetto di un ordine di ricovero in Rems, quante di tali persone siano collocate in una struttura penitenziaria o in reparti ospedalieri di medicina psichiatrica oppure siano sottoposte alla misura di sicurezza della libertà vigilata, quali siano le difficoltà operative della Rems. Si aspetta la risposta dei ministeri, che dovranno trovare una posizione che superi il loro discorde orientamento. Oltre al suo contenuto specifico, l’approfondimento che la Corte ha disposto è di grande interesse, poiché indica un atteggiamento attento alla realtà della applicazione delle leggi, piuttosto che la riduzione del ruolo della Corte ad un confronto astratto tra la legge sospettata di incostituzionalità e la Costituzione. Si tratta di un ordine di idee che richiama il metodo della Corte europea dei diritti umani, che tende a considerare “diritti concreti ed effettivi e non teorici e illusori”. Teorici e illusori sono i diritti scritti nelle leggi, se non riescono a diventare effettivi nella loro concreta applicazione. Il problema che la Corte costituzionale sta esaminando è anche davanti alla Corte europea, che ha ricevuto più di un ricorso e ha chiesto chiarimenti al governo relativamente sia alla continuazione illegale della detenzione, sia ai trattamenti sanitari. La Corte europea ha posto la questione della natura sistemica delle violazioni della Convenzione europea dei diritti umani da parte dell’Italia nei confronti di coloro che continuano ad essere detenuti, non ostante l’ordine del giudice di ricovero. Occorrono concreti provvedimenti urgenti, poiché è prevedibile che la attuale situazione sia “condannata” sia dalla Corte costituzionale che dalla Corte europea, come illegale, pericolosa e produttiva di trattamenti inumani.

La Stampa, 6 dicembre 2021

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