Il Guardasigilli: “Le critiche? Me le aspettavo. Ma sono 25 anni che sostengo le stesse cose”. Un nuovo modello di avviso di garanzia, magistrati-manager ai vertici degli uffici giudiziari, utilizzo “flessibile” dei fondi europei per incidere sulle criticità e una data, giugno, per vedere i primi risultati della “rivoluzione Nordio” nella giustizia civile.
Eppure, ministro Nordio, la sua relazione al Parlamento sulla riforma della giustizia ha suscitato anche commenti critici. Qualcuno sostiene che lei si stia addirittura “rivalendo” sugli ex colleghi pm. È così?
“Di rivalsa non se ne parla proprio. Quando sono andato in pensione ho ricevuto dai miei colleghi, anche da quelli che la pensavano diversamente da me, manifestazioni di enorme affetto, e con tutti mantengo eccellenti rapporti. Del resto la mia carriera è andata come volevo. Mi piaceva stare a Venezia e fare indagini, non ho mai chiesto cariche apicali e avrei fatto il sostituto fino alla fine. Altra cosa sono le reazioni sui contenuti. Me le aspettavo, ma anche i colleghi dovevano aspettarsi le cose che ho detto, perché le scrivo da 25 anni”.
Soffermiamoci ancora un attimo sulle reazioni di alcuni leader politici davanti alle prime iniziative del governo. Alcune sono state particolarmente violente e, in alcuni casi, sono state seguite da vere e proprie minacce esplicite dirette al premier e ad altri esponenti del governo. Secondo lei questo clima di odio quanto è legato alla esasperazione dei toni introdotta da alcuni leader politici?
“Anche questi sibili di rancore erano prevedibili, perché la riforma da me proposta tocca quei santuari ideologici ritenuti fino ad ora intangibili. Da magistrato ne sorridevo e da editorialista reagivo con una certa indulgente ironia, ma da ministro ne tengo conto e risponderò con il dialogo e proposte concrete. Se poi alcuni fanatici faranno del loro peggio, io cercherò di fare del mio meglio”.
Il tema delle garanzie non è mai stato affrontato in maniera compiuta. Ci sono gli aspetti legati alle intercettazioni telefoniche ma anche quello dell’utilizzo mediatico dell’avviso di garanzia. Che farà?
“Delle intercettazioni ho ripetuto fino alla noia che sono utili e talvolta indispensabili per i reati di grave allarme sociale, ma che staticamente la gran parte riguarda reati che non hanno nulla a che vedere con mafia e terrorismo, sono costosissime e non servono a niente. È incivile che spendiamo per loro duecento milioni l’anno mentre stentiamo a trovare i soldi per pagare il sostegno psicologico ai detenuti a rischio di suicidio. Quello che comunque va evitato è che finiscano sui giornali. Sul punto ho già detto che la vigilanza sarà rigorosa”.
E l’avviso di garanzia?
“Quanto all’informazione di garanzia, è un istituto che va rivisto: ha cambiato nome mille volte, ma da strumento di garanzia si è trasformato in condanna mediatica anticipata. Ma questo si potrà fare solo con una revisione organica del codice di procedura penale, a cominciare dal registro degli indagati che dovrebbe restare segretissimo e invece si è trasformato in una automatica fonte di delegittimazione di una persona che non è nemmeno imputata”.
Spesso i cronisti giudiziari finiscono nel mirino per aver pubblicato intercettazioni e avvisi di garanzia. Quali sono le buone pratiche per un giornalista che si occupa di vicende giudiziarie?
“In linea di massima quando pubblica una notizia il giornalista fa solo il suo dovere; se c’è violazione del segreto istruttorio la colpa è di chi divulga o lascia divulgare la notizie, non del giornalista. I limiti sono due: la diffamazione, quando la notizia non è verificata, e la compromissione delle indagini: se ad esempio sta per scattare un’operazione per liberare un ostaggio, il giornalista che ne venga a conoscenza deve tacere. Ma su questo ho sempre trovato, anche da pm, molta responsabilità tra i cronisti giudiziari”.
La sua strategia per riformare il processo penale è chiara. Parliamo della giustizia civile, una tartaruga che rallenta anche lo sviluppo economico del Paese.
“Questo è il problema prioritario, perché ora dobbiamo incidere sulla parte della giustizia che incide sull’economia: tra l’altro sono temi poco divisivi, su cui ci siamo trovati d’accordo anche con l’Anm. Ha occupato la prima metà del mio discorso programmatico, e ne è stato dato poco risalto perché le polemiche fanno più effetto dal punto di vista mediatico. Ma noi cominceremo proprio incrementando l’efficienza della giustizia civile. La riforma Cartabia andava nella giusta direzione, noi spingeremo l’acceleratore. Implementeremo gli uffici giudiziari con i fondi europei, anche provando a renderli più flessibili, nell’ambito dei vincoli che questi ci impongono. E soprattutto procederemo ad una rivoluzione informatica sulla quale stiamo già lavorando. Entro giugno dovremmo già vedere i primi risultati”.
Ci sono in Italia alcuni uffici giudiziari che, a parità di condizioni, funzionano meglio di altri. Come uniformare lo standard e garantire che la legge sia davvero uguale per tutti in ogni tribunale d’Italia?
“Lo faremo monitorando costantemente la produttività dei vari uffici, aggregando i dati con frequenza bisettimanale, e confrontando i risultati a parità di risorse e di contenziosi. Quindi aiuteremo gli uffici in sofferenza a trovare le soluzioni adatte anche individuando dirigenti di grande capacità manageriale. Lo stesso Csm dovrebbe privilegiare per le cariche direttive questo ultimo aspetto piuttosto che quello della preparazione teorica. Per individuare queste criticità sarà fondamentale l’Ufficio Ispettivo. Gli ispettori non dovrebbero avere una funzione burocratica statistica o di iniziative punitive ma di ausilio e suggerimenti di pratiche virtuose prendendo esempio dagli uffici meglio organizzati. Si è detto che voglio mandare ispezioni dappertutto: no. Se le regole saranno rispettate, e la stragrande maggioranza dei magistrati le rispetta, il ministero sarà un riferimento di supporto e di confronto, non di vigilanza arcigna”.
Nella sua relazione lei ha parlato degli effetti distorti dell’avviso di garanzia e della carcerazione preventiva. Tra questi ha citato l’estromissione degli avversari dalla scena politica. Significa che parte della magistratura agisce a sua volta come soggetto politico?
“Questo no. Vi sono stati certamente casi di protagonismo di magistrati, come ha denunciato il presidente Mattarella pochi mesi fa. Ma la strumentalizzazione delle indagini l’ha fatta la politica, inventandosi l’eresia che bastasse un’indagine per costringere o indurre l’avversario o l’amico a farsi da parte, per prendere il loro posto. Salvo poi essere divorati anche loro da questo coccodrillo famelico”.
Le intercettazioni telefoniche sono ormai diventate strumento di prova: una certa conversazione viene considerata prova di responsabilità penale. Ma non dovrebbero essere semplicemente strumenti per “cercare le prove”? Perché questa deriva?
“Perché non ci sono più risorse umane per fare bene le indagini, e ci si affida a questo strumento quasi automatico che alla fine qualcosa ti fa trovare. Un po’ come il medico, che non avendo tempo per una vista accurata ti inonda di esami costosi, spesso inutili e anche pericolosi. E il conto alla fine è salatissimo, perché i prezzi sono elevati e i risultati pochi. E poi crediamo davvero che il grande delinquente parli al telefono o a casa sua? Il criminale vero parte dal presupposto di esser intercettato anche in aperta campagna dai microfoni direzionali o da un trojan, e le sue affermazioni sono dirette a ingannare chi lo ascolta, a depistare le indagini o a calunniare terzi”.
I tribunali e le procure, oggi, in alcune città non potrebbero svolgere la loro funzione giurisdizionale senza l’apporto dei giudici onorari. Sono giudici dimezzati, pagati a cottimo, senza garanzie. Non è un altro sintomo di malessere del nostro sistema giudiziario?
“Questo problema sarà risolto a breve. I giudici onorari tengono in piedi buona parte del sistema, ma hanno un trattamento irrazionale, senza garanzie economiche e addirittura previdenziali. Fermo restando che in magistratura si entra per concorso, esistono modi per disciplinare lo status di questa essenziale categoria in modo stabile e dignitoso”.
Di Massimo Martinelli – Il Messaggero, 11 dicembre 2022