LA CINA RIVALUTA IL SOSTEGNO ALLA RUSSIA DOPO LA RIVOLTA DEL GRUPPO WAGNER

(ANSA) – PECHINO, 27 GIU – Xi Jinping resta ancora silente e soppesa il sostegno a Vladimir Putin dopo la rivolta dei mercenari della Wagner: il capo del Cremlino è alle prese con la più grave minaccia da anni contro il suo potere e il leader comunista sta valutando la situazione incerta e con molte incognite. Anche se Cina e Russia mantengono “una buona e stretta comunicazione a tutti i livelli”, ha assicurato la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning. L’ammutinamento del gruppo fondato da Yevgeny Prigozhin, le cui truppe sono arrivate a 200 km da Mosca, ha messo in luce pericolose divisioni nelle forze armate russe e crepe che mettono a rischio la stabilità del principale partner della Cina “nella nuova era”. Dall’inizio della guerra contro l’Ucraina, Xi è stato incrollabile nel supporto al “caro amico” Putin e, pur non avendo mai appoggiato in modo esplicito l’invasione russa, si è rifiutato di condannarla e ha fatto eco a molte delle motivazioni addotte dal Cremlino, tra cui le politiche egemoniche Usa e l’espansionismo della Nato verso est. Pechino ha derubricato come da manuale la ribellione della Wagner ad “affari interni” di Mosca: il ministero degli Esteri lo ha fatto però con oltre 24 ore di ritardo rispetto allo scoppio della crisi, esprimendo il sostegno al mantenimento della stabilità nazionale russa solo quando Prigozhin ha fermato la sua avanzata verso la capitale con la mediazione del leader bielorusso Alexander Lukashenko. Shen Dingli, studioso di relazioni internazionali con sede a Shanghai, ha notato che la crisi innescata dalla Wagner porterà ad una maggiore dipendenza della Russia dalla Cina, spingendo Pechino ad adottare “una posizione più cauta”. Xi, in altri termini, deve bilanciare il sostegno a Putin con l’ipotesi non più remota che il suo tempo al Cremlino possa avvicinarsi alla fine. Gli analisti sono divisi sul fatto che il segretario del Pcc possa tentare di intervenire nella politica interna della Russia per mantenere al potere un leader pro-Pechino, poiché qualsiasi mossa rischierebbe di danneggiare le relazioni con il potenziale successore. La sorpresa di oggi è che i media statali hanno presentato posizioni variegate e non monolitiche. Il Global Times, tabloid
nazionalista del Quotidiano del Popolo, ha pubblicato un articolo contro l’Occidente, colpevole di parlar male di Putin e della Cina e di speculare sulle crepe nell’élite russa quando invece lo zar “è riuscito a reprimere la rivolta”. Il China Daily, testata governativa in lingua inglese, ha postato invece l’opinione di due esperti secondo cui il blitz dei ribelli ha lasciato “una calma inquieta”. La vicenda ha mostrato pienamente il carattere nazionale della Russia e la moderna politica di potere”, rivelando che “i problemi sociali, economici e politici sono aumentati a causa del conflitto russo-ucraino”, ha rilevato Xu Wenhong, specialista di Russia alla prestigiosa Accademia cinese delle scienze sociali (Cass). Da parte sua Yu Sui, professore al China Center for Contemporary World Studies, ha notato che la nascita e la crescita del gruppo Wagner in Russia “è qualcosa di straordinario. È simile a un
vecchio detto cinese: usa la coda di un cane per fingere che sia quella di un visone quando quest’ultima è insufficiente”. Il conflitto tra mercenari ed esercito regolare viene presentato come la punta dell’iceberg “delle contraddizioni intrinseche nella società russa. Senza dubbio un campanello d’allarme”, ha concluso Yu. 
(di Antonio Fatiguso)

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