Alle ore 14.15 di mercoledì 15 novembre, la Commissione Esteri, in merito all’indagine conoscitiva sull’impegno internazionale dell’Italia per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, ha svolto l’audizione di Taghi Rahmani, giornalista e attivista per i diritti umani in Iran.

Taghi Rahmani: “Secondo voi l’11 settembre è possibile vivere in un Paese
democratico da una parte del mondo, mentre ci sono Paesi sotto dittatura? L’11 è
stato un campanello di allarme per far capire al mondo intero che dare priorità al
petrolio piuttosto che ai diritti umani potrebbe mettere in pericolo la sicurezza nei
paesi occidentali. Io penso che i politici occidentali non prendano in considerazione
questa realtà, invece le società civili sono più attente a questi temi perché l’Iran, con
il potere strategico e il potere petrolifero, sta creando una situazione nella regione che
può aumentare la mancanza di sicurezza in altre regioni. Governi come quello
iraniano, che combattono i propri popoli, creano situazioni critiche per cui arrivano
ondate di immigrati in Europa, in primo luogo in Italia, e usano ciò come strumento
di minaccia nei confronti del mondo intero. Come si fa a dialogare con regimi del
genere? Di sicuro la soluzione non è la guerra, ma neanche sanzionare le autorità
iraniane. L’oligarchia iraniana riesce a superare le sanzioni, per questo non
funzionano e non sono soluzioni per i regimi. A mio avviso i Paesi occidentali, per
aiutare la democrazia, hanno bisogno di una strategia nuova nei Paesi come i nostri.
Non proponiamo soluzioni basate sulla mozione, su guerre o sanzioni, ma abbiamo bisogno di strategie politiche costanti per aiutare i diritti umani. Governi come quello
iraniano, prima o poi metteranno in pericolo la sicurezza nei vostri Paesi, attraverso la
creazione di situazioni critiche nei propri Paesi e nei Paesi vicini, fino all’Africa.
Chiediamo che il rispetto dei diritti umani sia nell’agenda di questi Paesi. Faccio un
esempio: nel novembre del 2019 le autorità iraniane hanno bloccato completamente
internet e sono riuscite ad uccidere 1500 persone senza che il mondo se ne
accorgesse; nel movimento “donna, vita, libertà” hanno ucciso molti manifestanti e
ne hanno incarcerati altri. Questo crea ondate di immigrazione, perciò potreste
aiutarci facendo sì che in Iran ci sia l’informazione libera attraverso internet e aiutare
la lotta del popolo iraniano per la democrazia e per la libertà. La Repubblica islamica
non ha permesso all’UE di avere un ufficio, preferisce dialogare con rappresentanti
diplomatici dei singoli Paesi, come Germania e Italia, perché vuole fare un gioco di
potere. Voi Paesi democratici dovreste essere più sensibili, negoziare sulla questione
dei diritti umani e chiedere garanzie. La Repubblica islamica non vuole una posizione
unica da parte della Comunità europea perché sa che in quel modo verrà messa in
difficoltà per quanto riguarda la violazione sistematica dei diritti umani, come la pena
di morte. Dovreste essere più sensibili alle pene di morte eseguite in Iran. Quando si
fanno negoziati, ci sono degli accordi economici con l’Iran e in cambio bisogna
chiedere che la situazione sui diritti umani venga chiarita. Questo conviene anche
all’Occidente, perché dittatori quali Saddam Hussein o Gheddafi non possono essere
interlocutori. Ci sono stati momenti di negoziati con loro, ma in questo momento è
molto critica la situazione nei Paesi in cui c’erano i dittatori con i quali avete
dialogato. Non vogliamo la guerra in Iran, ma la democrazia e per questo lottiamo.
Vogliamo che ci sia sicurezza in Iran e nei Paesi occidentali. Ci vogliono soluzioni
pragmatiche, non soluzioni basate sulla mozione. I partiti e le società civili devono
chiedere ai governi di attivarsi in questo senso. La Repubblica islamica è convinta
che i Paesi europei aspettano che un governo cambi per poter dialogare con l’altro e
sanno le regole del gioco. Invece la strategia e la tattica per trattare questi regimi deve
essere basata sul rispetto dei diritti umani. La nostra società in questo momento non
vuole più la Repubblica islamica, ma vuole un sistema di governo basato sulla
democrazia e questa è una richiesta della maggioranza. Nel movimento “donna, vita,
libertà”, il popolo iraniano è entrato in una lotta corpo a corpo col regime. C’è una
resistenza reale e molto forte da parte del popolo iraniano. Sono 60 anni che in Iran ogni 10 anni c’è un movimento di protesta che ancora non è riuscito ad avere una
vera democrazia, 6 movimenti in 60 anni. Questo significa che la volontà del popolo
iraniano è arrivare alla democrazia. Il mondo ha capito adesso che il popolo iraniano
protesta e ha superato questo sistema, quindi ha bisogno del vostro sostegno. Quello
che noi chiediamo è una strategia costante e pragmatica per rafforzare gli attivisti dei
diritti umani in Iran. Noi abbiamo delle richieste specifiche: per esempio avere
accesso a internet, una sensibilità maggiore nei confronti della pena di morte, bisogna
costringere il regime iraniano a cedere sulla violazione dei diritti umani in cambio dei
propri interessi nei negoziati coi Paesi occidentali. Noi sappiamo che i Paesi
occidentali e i governi hanno i loro interessi, ma in un mondo globalizzato non si può
pensare soltanto a quelli. Quello che succede nei Paesi vicini, influenza la sicurezza
di tutti i Paesi. Perciò questa nuova strategia basata sui diritti umani è fondamentale
per arrivare ad avere sicurezza e pace in tutto il mondo. Vi ringrazio per avermi
ascoltato, spero che possiamo andare avanti in questo senso collaborando insieme”.
INTERVENTO 1: “Grazie per l’intervento, io ritengo che in questa sala non ci sia
una persona o un parlamentare che non abbia a cuore i diritti umani violati dell’Iran.
Non è cosa di oggi, purtroppo va avanti da anni e anni. Ritengo però che le buone
intenzioni per poter comunicare sempre di più e in maniera forte questa violazione
quotidiana dei diritti umani, non siano sufficienti. Come diceva lei, qui deve prendere
spazio la pragmatica. Sappiamo bene che l’Iran, il quale ho sempre definito uno Stato
canaglia, capisce solamente la forza e non capisce altre parole. Escludendo che ci sia
una guerra, ci sono due tipi di forza: una forza militare che escluderei viste le
situazioni e una forza economica di pressione. Io ritengo che se l’Europa o tutto il
mondo occidentale adottasse il criterio delle sanzioni secondarie che adottano gli
USA, nostri principali alleati, allora la pressione economica e di embargo sull’Iran
comincerebbe a fare effetto. L’Iran di fatto non ha delle sanzioni economiche o un
embargo, perché quando ci sono le sanzioni pseudo-primarie europee, quando ci sono
le sanzioni secondarie americane e quando l’Europa del 2021 dice che le sanzioni
secondarie non possono essere applicate nel diritto europeo, abbiamo un problema.
Evidentemente le sanzioni secondarie sono il vero tema e la vera leva per poter
discutere con forza e far evolvere la situazione nella maniera che il mondo
occidentale attento ai diritti umani ha sempre voluto”.

INTERVENTO 2: “Io ho una domanda molto precisa: qual è l’impatto che avrà e che
ha avuto il Premio Nobel per la pace e come possiamo eventualmente amplificare
questo impatto? È stato estremamente importante in un momento in cui l’attenzione è
comprensibilmente rivolta anche ad altre crisi, ha riportato al centro la lotta di uomini
e donne dell’Iran”.
INTERVENTO 3: “Vorrei dei suggerimenti su quello che potrebbe fare l’Italia e in
generale l’Occidente per intervenire nella maniera più incisiva possibile e per essere
più attivi su questo tema che preoccupa molto anche noi”.
PRESIDENTE: “Ho ascoltato con grande interesse il suo intervento e quanto ha detto
sulla democrazia come fattore di rivoluzione nel suo Paese. Vi porto via alcuni minuti
per raccontare come ho visto lo sviluppo della globalizzazione, fondamentale per
capire quello che sta succedendo adesso. Nel 1989 cade il Muro di Berlino, nel 1994
a Marrakesh viene firmato il trattato WTO (World Trade Organization), nel 2001
l’Asia entra nel WTO con il mondo arabo che reagisce in modo opposto, nel 2008
inizia la grande crisi della globalizzazione e non della finanza. Nell’autunno del 2001
un’enorme parte del mondo, come tutto il mondo asiatico, aderisce al WTO in modo
entusiastico, mentre una quota del mondo arabo reagisce in modo fortemente
negativo. Con tutti i grattacieli che ci sono a New York, perché sono state abbattute le
torri gemelle? Perché avevano un valore simbolico per il WTO e il senso di quell’atto
era la reazione al modello occidentale, al modello della globalizzazione, primo nella
storia dell’umanità, con il mercato sopra e gli Stati con le società sotto. Il Presidente
Obama nel suo insediamento alla presidenza dice che non abbiamo il passato, ma
solo il futuro. Questa era l’ideologia della globalizzazione, ma una parte del mondo
non accetta l’automatico del mercato sopra gli Stati. Il mercato è una componente di
un mondo più complesso che contiene anche gli Stati, le società, la politica e le
tradizioni. Questa è l’essenza di quello che è stato allora con tanti errori fatti. Il
presidente Biden dice a Tel Aviv di non fare gli errori che hanno fatto dopo ľ11
settembre, demolendo 4 Stati e pensando che fosse sufficiente sostituirli con una
striscia. Un regime come quello dell’Iran è un pericolo per l’Occidente perché non è
solo l’Iran come ai vecchi tempi, ma ci sono altre prospettive e altre potenze come la
Russia. Tra l’altro si tratta di un grande Stato con grandi risorse economiche, fattore
non marginale. L’essenza della democrazia è che non è un McDonald e non si esporta. Questo è scritto molto bene nella Carta Atlantica: nell’art.4 c’è scritto che la
democrazia parte dal basso e non dall’alto. Quindi la democrazia in un paese come
l’Iran è certamente un elemento fondamentale di progresso e di difesa dell’Occidente.
Tutto quello che si può fare è fondamentale per il bene del vostro popolo, per il bene
dell’Europa e non solo”.
Taghi Rahmani: “Vi ringrazio ancora per questa opportunità e inizio a rispondere
dalla fine. Ovviamente la guerra non è mai una soluzione, abbiamo visto
l’Afghanistan e la Libia. È vero, globalizzazione non significa unificare il mondo, noi
vogliamo far parte del mondo globalizzato, ma viviamo in un mondo che non
abbiamo scelto. C’è il pericolo che gli interessi economici vengono al di sopra delle
società civili e questo è ciò che succede da noi. Chi detiene il potere economico e
militare colpisce la società civile iraniana. Narges Mohammadi è un’attivista per i
diritti delle donne e noi riteniamo che gli interessi economici non debbano avere
priorità. Nel mondo globalizzato, i governi devono creare un equilibrio tra interessi
economici e richieste delle società civili, altrimenti si crea una situazione che non
conviene a nessuno. In questo quadro esiste un Paese come la Repubblica islamica
dell’Iran che è importante da un punto di vista geopolitico, perché quello che succede
in Iran può influenzare la politica del mondo. Noi stiamo lottando per la democrazia
in Iran e lo vogliamo fare dal basso, rafforzando la società civile iraniana e le
richieste del popolo iraniano. Siamo sicuri che il popolo riuscirà a rovesciare il
regime iraniano senza una rivoluzione. Abbiamo le elezioni in Iran, ma non c’è mai
stata un’elezione libera perché la società civile e i sindacalisti non sono mai stati forti.
Neanche adesso la situazione è cambiata molto, ma i governi occidentali che vivono
nelle democrazie devono capire come comportarsi. Ovviamente abbiamo visto cosa
ha provocato la guerra in Afghanistan, non sto parlando di teorie del complotto, però
guardiamo la realtà dei fatti e gli errori commessi in Afghanistan. Perciò la
democrazia deve partire dal basso e questo significa empowerment della società
civile e circolazione libera di informazioni. La nostra società civile ha bisogno di
organizzazioni civili dei diritti umani. Narges Mohammadi dice che non serve a
niente essere libera e non poter avere organizzazioni per i diritti umani e di genere,
preferisce tornare in carcere piuttosto che essere libera senza poter far sentire la sua
voce. È fondamentale diventare la voce degli attivisti, il Premio Nobel è il premio più prestigioso e dà la possibilità a chi lo vince di avere una voce forte. Non era mai
successo che in un Paese due donne lo vincessero. Questo significa che in Iran esiste
un popolo che può far sentire la propria voce e ha bisogno di questo. Ora la vincitrice
del Premio deve essere sostenuta per poter far sentire la voce della società civile
iraniana, altrimenti questo premio non servirà a niente. In questo momento Narges
Mohammadi si trova in prigione e si rifiuta di portare il velo obbligatorio, ha seri
problemi di salute ma non viene portata in ospedale perché rifiuta l’hijab. In Iran la
vita umana non ha nessun valore, Narges ritiene che il velo obbligatorio sia uno
strumento di oppressione per le donne iraniane. In Iran le donne in università
superano di gran lunga gli uomini, ma le donne non possono diventare né presidenti
né ministre né giudici. Sono molti i lavori a cui le donne non possono accedere e per
questo gli attivisti per i diritti di genere combattono. Vogliamo che voi siate la voce
delle donne iraniane e che i governi occidentali parlino di questi temi. In un mondo
globalizzato non si può soltanto avere un atteggiamento diplomatico e politico.
Spesso le società civili dei Paesi nella nostra regione non vengono rappresentate dai
loro governi che prendono in ostaggio la popolazione. Ovviamente non bisogna
andare lì con le armi e gli eserciti, abbiamo visto cos’è successo in Afghanistan, ma
nemmeno con le sanzioni americane. In Iran hanno creato un’oligarchia e hanno
guadagnato miliardi aggirando le sanzioni. L’Iran non è un Paese che entra in crisi
con le sanzioni, Biden per poter vincere le elezioni chiude gli occhi di fronte alla
violazione delle sanzioni, vede che gli iraniani stanno vendendo il petrolio e
arricchendo l’oligarchia. Invece bisogna premere affinché la società civile e le
organizzazioni civili diventino forti. Come possiamo collaborare insieme per
rafforzare la società civile iraniana e combattere il regime? Noi abbiamo avvocati,
artisti e sindacalisti in prigione perché hanno semplicemente espresso un parere
politico contrario al regime. Dobbiamo aiutarli, essere la loro voce e far sì che la
vittoria avvenga attraverso loro e attraverso il popolo iraniano. Aspettiamo che Paesi
come i vostri, che sono riusciti a conquistare la democrazia, possano capire le
richieste della società civile in Iran e possano capire che la democrazia deve essere a
livello mondiale, non possiamo pensare soltanto alla democrazia nei nostri Paesi, ma
bisogna pensarla a livello globalizzato. I governi occidentali non devono pensare che
in un momento di crisi energetica la priorità sia acquistare il petrolio dall’Iran o da
altri Paesi che violano i diritti umani. Bisogna dare priorità ai diritti umani, con questo approccio e con strategie specifiche si possono dare aiuti per rafforzare le
società civili in Paesi come l’Iran. Bisogna portare il focus sulla violazione sei diritti
umani e condannarla in modo che le società civili si rafforzino. Quando si dialoga
con regimi come la Repubblica islamica, bisogna dare priorità alla situazione dei
diritti umani. Purtroppo fino ad oggi non è stato così. Vi ringrazio”.
PRESIDENTE: “Grazie per questa opportunità di incontro. La democrazia è la cosa
più temuta dalle dittature e questo lo indica la storia. Nella storia del nostro Paese la
democrazia si è sviluppata in progressione e ci ha messo più o meno un secolo.
All’inizio del 1900 le donne non votavano, poi hanno votato e avuto cariche
pubbliche, ma di fatto ancora 20/30 anni fa le donne non avevano cariche pubbliche.
Le hanno conquistate progressivamente. Per cominciare, quantità necessarie e non
assolute di democrazia.
INTERVENTO 4: “Esprimo massima solidarietà, lo abbiamo fatto anche con atti
parlamentari, continueremo a seguire da vicino e a sostenere la lotta per la
democrazia dell’opposizione iraniana. Volevo fare una domanda specifica: quanto vi
preoccupa l’alleanza tra Iran, Cina e Russia? In particolare, vedete un modello di
controllo totale che cerca di applicare il regime come ispirato al controllo che il
regime cinese sta applicando? Vedete uno scambio di metodi e tattiche di controllo?”.
Taghi Rahmani: “La scelta di Khamenei che chiama “sguardo verso l’Oriente”, è una
strategia della Repubblica islamica, ma il popolo iraniano non resiste di fronte a
questa strategia del leader supremo. Gli ultra-conservatori, il nucleo più vicino a
Khamenei, non si fidano dei russi, hanno dei brutti ricordi perché due secoli fa i russi
hanno conquistato una parte del territorio iraniano e nella memoria storica del nostro
popolo, i russi non sono affidabili. Khamenei continua ad avere questa strategia di
apertura nei confronti della Russia e della Cina. Per quanto riguarda la sicurezza,
devo dire che la Repubblica islamica non ha bisogno di imparare dai cinesi o dai russi
perché sono decenni che rafforza le organizzazioni dell’intelligence e delle forze
repressive. Anche prima della Rivoluzione, in Iran c’era una forza repressiva forte. Se
i governi occidentali dimenticano la resistenza del popolo iraniano, potrebbe esserci
una sorta di delusione da parte del popolo iraniano. Se pensasse che il mondo non lo
sostiene, potrebbe rimanere deluso. Nessuno chiede che Khamenei venga sanzionato, sappiamo che non funziona e servono strategie pragmatiche. Parliamo del Premio
Nobel: questo può essere uno strumento per parlare sempre di più della pena di morte
e della situazione delle organizzazioni dei diritti umani in Iran. Qualunque cosa
succeda in Iran, influenzerà tutta la regione. È un paese ricco di risorse e ha una
posizione geopolitica importante con una popolazione giovane. Questo Paese ha un
ruolo importante nella regione e per questo il regime antidemocratico in Iran non
vede gli interessi del mondo, al contrario un regime democratico può vedere gli
interessi del mondo intero. Sappiamo che le guerre non possono mai importare la
democrazia che deve nascere dalla società civile, non può nascere in una notte e non
può essere esportata. Noi vogliamo avere il diritto di scegliere, ogni essere umano
nasce libero e col diritto di poter esprimersi. Sono stato in prigione 14 anni per aver
scritto degli articoli critici nei confronti del regime e mia moglie è in prigione per una
forma di disobbedienza civile nei confronti delle leggi ingiuste in Iran. Molti dei miei
amici sono stati uccisi o sono in prigione. Non chiediamo molto: chiediamo di avere
degli strumenti per impedire al regime di continuare con questa sua politica
repressiva e liberticida”.

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