Relazione di Maurizio Turco

SIAMO RIUNITI A CONGRESSO PERCHÉ LO ABBIAMO VOLUTO. ………………………….. 2

PREMESSA ……………………………………………………………………………………………………………………. 2

INTRODUZIONE ……………………………………………………………………………………………………………. 4

L’INFORMAZIONE QUALE PRE-CONDIZIONE DELL’AZIONE POLITICA ……………….. 4

LA LOTTA PER LA VITA E LO SVILUPPO (ALTERNATIVA ALLA LOTTA ALLA POVERTA’) ……………………………………………………………………………………………………………………… 6

SPECULAZIONE NEL MERCATO DELLE COMMODITIES ALIMENTARI …………………….. 7

CONCENTRAZIONE DELLE IMPRESE NEL SETTORE AGRO-ALIMENTARE ………………. 8

LAND GRABBING (ACCAPARRAMENTO DELLA TERRA) ………………………………………….. 9

POPOLAZIONE MONDIALE ………………………………………………………………………………………… 10

POVERTA’ …………………………………………………………………………………………………………………… 11

CONCENTRAZIONE DELLA RICCHEZZA- SQUILIBRI NELLA DISTRIBUZIONE DEI REDDITI E RIDUZIONE DELLA POVERTÀ ESTREMA ……………………………………………….. 12

CAMBIAMENTI CLIMATICI ……………………………………………………………………………………….. 13 CHE FARE? ………………………………………………………………………………………………………………….. 13

IL BACINO ITALIANO, IL FRONTE ITALIANO, IL CASO ITALIA ……………………………. 15

110 REFERENDUM: UNA RIFORMA MANCATA ANCORA NECESSARIA ………………….. 15

IL DIRITTO A CONOSCERE PER DELIBERARE ………………………………………………………….. 15

RADIO RADICALE ………………………………………………………………………………………………………. 15

LA GIUSTIZIA ……………………………………………………………………………………………………………… 17

IL FRONTE FEDERALISTA, GLI STATI UNITI D’EUROPA (D’AFRICA, D’ASIA, DELLE CINE) …………………………………………………………………………………………………………………………… 18 ANTIPROIBIZIONISMO ………………………………………………………………………………………………. 18 ALLEGATO 1 – Parlamento europeo – Allocuzione di Alejandro Toledo, Presidente della Repubblica del Perù – 5 dicembre 2002 …………………………………………………………………………….. 19 ALLEGATO 2 – I QUESITI REFERENDARI PROMOSSI DAL PARTITO RADICALE …….. 22 Le 59 consultazioni referendarie …………………………………………………………………………………… 22 I 50 referendum respinti dalla Corte Costituzionale …………………………………………………………. 1 

Siamo riuniti a Congresso perché lo abbiamo voluto. 

PREMESSA 

Come Presidenza abbiamo proposto la sfida di rifiutare la sopravvivenza del Partito ed abbiamo raggiunto gli obiettivi di 3.000 iscritti nel 2017 e nel 2018. Dobbiamo ricordare, non per orgoglio ma per la verità dei fatti, che siamo stati sospettati di aver posto l’alto, impossibile traguardo dei 3.000 iscritti per due anni consecutivi perché avevamo un obiettivo non dichiarato: chiudere il Partito! E in effetti non era un obiettivo da poco. Abbiamo chiuso il 2016, l’anno nel quale è scomparso Marco, con 1.104 iscritti, ma – giusto per capirci – l’ultima volta che abbiamo avuto oltre 2.500 iscritti italiani al Partito Radicale è stato tra il 2004 e il 2005, con risorse economiche ed umane assolutamente non paragonabili alle attuali. Va detto, sempre per la verità dei fatti, che non pochi di coloro che si fregiavano del titolo di dirigenti radicali nel triennio 2012-2015 non erano iscritti al Partito Radicale. Qualcuno aveva fatto lo sforzo nel 2011 e nel 2016, perché c’era il Congresso; mentre la maggior parte degli iscritti, dei militanti, dei radicali ignoti è invece interessato alle iniziative e alla tenuta delle idee. Solo dopo il Congresso di Rebibbia abbiamo capito che volevano contendere il Partito Radicale, ma solo il brand, come spiegò Roberto Cicciomessere, che del Partito Radicale è stato per due volte Segretario, per cinque legislature deputato italiano e per una legislatura deputato europeo. Contendere il brand, ma per farne cosa? Lo possiamo desumere da quello che coloro che contestavano la presunta volontà del Congresso di voler chiudere il Partito hanno fatto dopo il Congresso di Rebibbia. Ripeto: qualcuno tra di noi aveva persino pensato che volessero contendere al Partito Radicale metodo, idee, lotte. In realtà l’obiettivo era quello di presentarsi alle elezioni municipali, comunali, regionali, politiche, europee. Un po’ misero, diciamocelo, come programma, quasi che la partecipazione elettorale costituisse di per se iniziativa politica, mentre il Partito, ha sempre colto l’occasione delle elezioni per fare iniziativa politica. Già nel 2016, con Pannella a casa moribondo, Emma Bonino con i dirigenti di Radicali Italiani avevano avuto la brillante idea di presentare liste denominate radicali alle comunali di Roma e Milano. Infine, non ha funzionato il brand, non ha funzionato la morte di Marco, non ha funzionato il vergognoso appello al voto fatto in occasione del funerale a Piazza Navona. Ci hanno riprovato a fine 2017 con la federazione tra Radicali Italiani e Forza Europa. Dopo aver lucrato spazi televisivi in cambio del sostegno al centrosinistra al fine di raccogliere le firme necessarie per presentare le liste, si presentarono grazie a Centro Democratico, per fornire un servizio alla democrazia, disse Tabacci traghettandoli sulle schede elettorali senza raccogliere le firme. Pensavano che bastasse la foto di Emma Bonino appiccicata ovunque ma, ancora una volta, non ha funzionato. Si decisero quindi a fare entrare Centro Democratico nella federazione per fare di più europa un vero partito: con i probiviri, con i candidati segretari e i candidati agli organi nazionali presentati prima del Congresso. L’impronta era chiaramente quella del modello di partito alla quale credeva Bruno Tabacci, d’altronde che altro doveva fare di fronte all’inconsistenza ideale dei suoi soci? Visto il modello di partito è finita come doveva finire: con i pullman e i ricorsi ai probiviri. La cosa tragicomica è che chi doveva rispondere a un ricorso di radicali era un comitato di garanti Presieduto da Gianfranco Spadaccia. Scusate la digressione, ma io ho conosciuto il Gianfranco Spadaccia, che 

tutti possono conoscere grazie all’archivio di Radio Radicale, che difendeva a spada tratta il nostro modello libertario di Partito, la nostra alterità che noi continuiamo a far vivere. Sentirlo oggi giustificare il modello rispetto al quale siamo alternativi nel nome del dialogo con diversi a me fa francamente un po’ pena. Ma non è finita qui. Passa il Congresso e si riparte con le elezioni europee. Il brand continua ad essere Emma Bonino, giustamente a Tabacci conviene che la lista più europa abbia una immagine radicale, l’identità delle liste è però un’altra: tranne un paio di nomi noti, i radicali italiani non sono presenti nelle liste. Ancora una volta l’esperimento non funziona. Eppure sono le elezioni europee, un brand così evocativo come più europa e con Emma Bonino photoshoppata a mò di madonna europeista avrebbe dovuto fare il pieno. E invece più europa perde 50.000 voti tra gli italiani residenti in europa e 10.000 voti in Italia. Le perdite in Italia sono contenute grazie ai candidati di Tabacci capaci di ottenere decine di migliaia di voti di preferenza. Questa è l’attualità. Ma è una attualità che viene da lontano, oserei dire da molto lontano. Nella storia del Partito Radicale ogni rigenerazione politica, con la sua appendice statutaria, ha perso pezzi di partito, tra i quali anche dirigenti di primo piano. Chi lasciava il Partito naturalmente lo faceva per sottolinearne l’inadeguatezza delle scelte. A mio avviso mai, tranne in un caso, ha corrisposto la capacità di iniziativa politica tout-court, non parliamo poi di fare più e meglio i radicali. Chiedo scusa se mi sto dilungando ma credo che sia non solo opportuno ma doveroso cristallizzare quello che è accaduto negli ultimi anni, che comunque sono molti di più di quel che crediamo. Abbiamo l’obbligo della memoria, altrimenti saremmo destinati a ripetere gli errori. Voglio chiudere questa premessa ricordando ancora una volta la rivendicazione collettiva che non ha avuto ad oggi smentite, fatta da Simone Sapienza in una riunione della direzione di radicali italiani del gennaio 2017 

ci siamo assunti la responsabilità personale politica collettiva di entrare prima in collisione con lo stesso Marco Pannella negli ultimi due anni che su questo aveva, faceva valutazioni diverse di classe dirigente, di fiducia, di obiettivi, di esistenza diverse e poi con un pezzo del Partito Radicale che appunto senza che continuo quello che sappiamo. Ora io la vivo così, la viviamo così, abbiamo costruito così questi anni costruiamo così questi giorni. Ma due anni prima, Simone Sapienza, che diceva? Nella riunione del gruppo dirigente tenuta durante il Congresso del novembre 2015, affermava: 

spero che lui (Marco Pannella) non creda a coloro che gli dicono reiteratamente, e questa è la cosa più vergognosa che ho sentito in questo congresso, l’hanno detto a me, l’hanno detto e l’ho sentita dire … che lo lasceremo solo! questa cosa psicologica e vergognosa che viene fatta su Marco – cioè che lo lasceremo solo – è una cosa che è di una bassezza che spero sia la parte finale di un impegno politico perché poi magari riusciremo a fare altro anche con altre persone magari nuove che hanno più voglia di fare. In realtà, oggi sappiamo che non solo pensavano di lasciare solo Marco Pannella ma addirittura di entrarci in collisione. Per me finisce qui. Volevo però che quanto accaduto avesse una forma certa, pubblica e ufficiale. 

INTRODUZIONE 

L’INFORMAZIONE QUALE PRE-CONDIZIONE DELL’AZIONE POLITICA Questo è il contesto e i comportamenti con i quali abbiamo dovuto fare i conti negli ultimi anni e negli ultimi tre in particolare. Un contesto che ha consentito all’informazione televisiva, radiofonica e a stampa, pubblica e privata di censurare, ancor meglio di prima, qualsiasi iniziativa, attività e proposta del Partito Radicale. Per dirla più chiaramente: si sono prestati per dare l’alibi al regime di promuovere i radical conformisti e censurare il Partito Radicale. In questi tre anni, la raccolta delle iscrizioni si è realizzata nel pieno dell’iniziativa politica, prima con l’Unione delle Camere Penali e il suo Presidente Beniamino Migliucci sulla proposta di legge di iniziativa popolare per la separazione delle carriere, poi sulla campagna per le otto proposte di legge contro il regime: non abbiamo avuto successo ma abbiamo l’obbligo di riprovarci perché – dall’amnistia e l’indulto alla revisione del sistema delle misure di prevenzione e delle informazioni interdittive antimafia e delle procedure di scioglimento dei comuni per mafia; dalla riforma del sistema dell’ergastolo ostativo e del regime del 41 bis e abolizione dell’isolamento diurno alla riforma della Rai; dalla riforma delle leggi elettorali nazionale ed europea all’abolizione degli incarichi extragiudiziari dei magistrati – sono tutte riforme urgenti. Tanto impellenti che prima della politica è intervenuta la giurisdizione. Sull’ergastolo ostativo, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia dichiarando che l’ergastolo ostativo -cioè la forma di esecuzione della pena che preclude la possibilità di accedere a permessi, benefici e alla liberazione condizionale, in assenza di collaborazione per i reati dell’art. 4 bis dell’Ordinamento penitenziario- è contrario all’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che vieta i trattamenti e le punizioni inumane e degradanti, configurando un ergastolo incomprimibile. Ergastolo ostativo che sarà oggetto di una discussione davanti alla Corte Costituzionale dove Nessuno tocchi Caino è stato ammesso come parte interveniente. Grazie ai membri della Presidenza per la resistenza. Per chi li ha vissuti sono stati tre anni che non sarà facile dimenticare, se non altro per lo sforzo, la fatica, la tensione che ci si è sobbarcati. Che non fosse facile lo sapevamo. Quindi grazie a Rita Bernardini, Antonella Casu, Sergio D’elia, Matteo Angioli, Angelo Bandinelli, Marco Beltrandi, Maurizio Bolognetti, Antonio Cerrone, Deborah Cianfanelli, Maria Antonietta Farina Coscioni, Mariano Giustino, Giuseppe Rossodivita, Irene Testa, Valter Vecellio, Elisabetta Zamparutti. E grazie a Laura Arconti, che formalmente non ha fatto parte della Presidenza per un mio errore di comunicazione, ma come ben sappiamo è stata d’esempio per tutti. Grazie ancora a Laura Harth, che è stata in questi tre anni la rappresentante all’ONU del Partito Radicale e grazie alla Professoressa Carla Rossi che ha rappresentato il Partito presso l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine. Grazie a Gilio Terzi e Matteo Angioli che con il Comitato Globale per lo Stato di Diritto continuano ad approfondire e divulgare a livello nazionale la necessità di una transizione verso la democrazia compiuta. Infine, un grazie a Sergio Ravelli e Gino Ruggeri che a Cremona, dopo tre decenni di lotte sono riusciti a far condannare i responsabili della Raffineria Tamoil per disastro ambientale grazie ad una sentenza pilota del Giudice Guido Salvini. Grazie a Maria Laura Turco che continua imperterrita a battersi contro i monopolisti che impediscono la piena attuazione della direttiva europea Bolkenstein. 

Grazie a Vincenzina Antonelli, Paolo Proietti, Marco Imperioli, Ilaria Saltarelli, Marco Costantini e Alem. Grazie ai compagni di Trieste, Reggio Calabria, Oristano e La Spezia le due province dopo Roma con il più alto numero di iscritti rispetto alla popolazione. Grazie ai neo iscritti Andrea Casu, giovane segretario del PD di Roma ed Enrico Maria Pedrelli, segretario della federazione giovanile socialista. Grazie ai parlamentari dei diversi gruppi politici che si sono iscritti al Partito e che tra oggi e domani interverranno. Grazie a Radio Radicale, al direttore Alessio Falconio, all’amministratore Paolo Chiarelli, ai redattori, ai tecnici e alle centraliniste. Insomma a tutti proprio tutti. E per non sbagliare un grazie a tutti coloro che non ho ringraziato Ma il ringraziamento più grande va ai 2.626 residenti in Italia e 585 in altri paesi che si sono iscritti nel 2017 così consentendo di aprire la campagna di iscrizioni per il 2018 e grazie ai 2.568 residenti in Italia e 740 in altri paesi che si sono iscritti per il 2018 e quindi ci hanno messi in condizione di convocarli a questo Congresso. E fuori sacco un grazie a Marco Pannella e Sergio Stanzani, ad Antonio Russso e Andrea Tamburi, a Laura Terni, Pio Rapagnà e buon ultimo René Andreani e tutti coloro che, non per loro volontà, si sono momentaneamente allontanati. Siamo convinti e consapevoli che dobbiamo tanto a tutti. E adesso vi dirò cosa credo che sia urgente e necessario fare. 

LA LOTTA PER LA VITA E LO SVILUPPO (ALTERNATIVA ALLA LOTTA ALLA POVERTA’) I nostri fronti di lotta sono legati alla nostra natura di partigiani dello Stato di diritto democratico federalista laico e del nuovo diritto umano alla conoscenza. Credo che a partire da questo potremmo inanellare una lunga teoria di problematiche, ma è necessario trovare un punto di sintesi dal quale partire per costruire l’iniziativa politica del Partito Radicale dei prossimi anni. Credo che il punto di partenza risieda nelle ragioni e nelle motivazioni con le quali demmo vita, nel giugno di quarant’anni fa, alla lotta contro lo sterminio per fame. 

Il 1979 fu proclamato dalle Nazioni Unite Anno Internazionale del Fanciullo. Nel gennaio dello stesso anno l’UNICEF, l’agenzia specializzata dell’ONU che appunto si occupa dei problemi dell’infanzia, pubblicò un rapporto dal quale risultava che oltre 17 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni sarebbero morti nel corso di quello stesso anno di malattie e privazioni che avevano tutte la stessa origine di fondo: la fame e la malnutrizione, questo flagello che nell’era delle più sofisticate scoperte tecnologiche avrebbe continuato ad uccidere oltre 30 milioni di vite umane. Nel febbraio del 1979 Marco Pannella denuncia per la prima volta in Italia a livello politico il dramma dello sterminio per fame nel mondo e accusa i governi dei paesi “ricchi” di rendersi di fatto complici del nuovo olocausto, essendo la malnutrizione nel mondo più il frutto di un vero e proprio “disordine economico internazionale” che di una penuria di alimenti. Pannella ricorda che mentre nel 1945 l’Africa era esportatrice netta di prodotti cerealicoli alimentari, negli anni ’70 è costretta ad importarli, ed in misura sempre crescente, per effetto delle monocolture di prodotti tropicali da esportazione che la divisione internazionale del lavoro ha imposto ai paesi ex coloniali. Infine, rilevava che nel mondo si destinavano 750 miliardi di dollari alla produzione o all’acquisto di armi e solo 32 miliardi di dollari all’aiuto pubblico allo sviluppo. Mi fermo qui nella rievocazione anche se avrei tant’altro da dire, a cominciare dal Manifesto Appello dei Premi Nobel che – non a caso – si conclude affermando 

“se le donne e gli uomini, se le genti sapranno, se saranno informati, noi non dubitiamo che il futuro potrà essere diverso da quello che incombe e sembra segnato per tutti e nel mondo intero. Ma solo in questo caso. Occorre subito scegliere, agire, creare, vivere, fare vivere.” Non a caso quella campagna aveva sì l’obiettivo di salvare persone destinate alla fame, ma anche di restituirli allo sviluppo. Oggi si sentirebbe la necessità di dire … a casa loro. Io penso che chiunque si senta meglio a casa sua, ma non è detto che casa sua sia una casa ospitale, che consenta di poter vivere, e non solo sopravvivere. E questo è un discorso universale, vale nei paesi sottosviluppati come in quelli economicamente avanzati. Perché una cosa è spostarsi per migliorare le proprie condizioni, altro è farlo per avere un minimo di condizioni vitali. Poi può capitare che alla ricerca del minimo di condizioni ti ritrovi a fare lo schiavo in una campagna italiana a dormire in ricoveri nei quali nessun serio allevatore farebbe dormire le sue bestie. Ma oggi, a parte cercare di provvedere ai disastri di una classe dirigente che è stata (ed è) patentemente incapace di governare i problemi del suo tempo, se non nel consumo quotidiano per alimentare rendite di potere, come prevenire quello che oggi è il futuro che incombe? E’ innanzitutto necessario conoscere la situazione, quello che sta accadendo, le implicazioni tra diversi fenomeni planetari, per capire quello che potrà accadere e quindi cercare di prevenirlo. 

Sono passati quarant’anni da quando Pannella prese atto dei disastri che produceva quel disordine mondiale, che allora pochi riuscivano a scorgere ma già mieteva vittime. Nel frattempo, le cose sono molto peggiorate, gli aguzzini hanno perfezionato i loro strumenti di sopraffazione che generano sottosviluppo, ci sono meno morti per fame ma è venta a formarsi una platea indistinta di persone condannate a una sopravvivenza perpetua. Quasi a poter immaginare che in futuro ci potranno esserci due civiltà umane che nel tempo potrebbe diventare irriconoscibili una all’altra. Quella di chi ha dei diritti e di chi non li ha, di chi possiede molto più di quel che ha bisogno per vivere e di chi ha molto meno di quel che gli servirebbe per sopravvivere. Un bivio che è necessario non percorrere. Credo che nella società attuale la povertà sia la più grave minaccia alla sicurezza intesa in senso lato, e non potranno certo essere i poveri a disinnescare questa spirale che oggi è – e non solo appare – senza via d’uscita. Sono convinto che se non ripartiamo da lì, se non riprendiamo la battaglia per la vita e lo sviluppo, di tutti e ovunque, ogni altro sforzo sarà vano. Una battaglia che politicamente o la riprende il Partito Radicale o resterà derubricata a meritoria attività di qualche organizzazione umanitaria. Noi lottiamo per cambiare le regole e per farlo ora. Oggi, rispetto a quarant’anni fa, ci sono nuovi macelli e altri macellai pronti a far strame di diritto e di diritti e quindi di vite umane, in nome del profitto. Non perderò tempo a spiegare perché quello che sta accadendo non ha nulla a che fare con il liberismo, che è diventata la coperta sotto la quale si nascondono sia gli approfittatori, sia i portatori di vecchie ideologie autoritarie. Se siano fallimentari è tutto da vedere. Infatti, dopo le stragi etnico-politico-sociali di cinesi in Cina, io credo siamo nel pieno della cinesizzazione del pianeta, in parte frutto dell’invadenza cinese. In parte, ed è la cosa più preoccupante, frutto della decadenza politica occidentale. Di fronte alla manifesta incapacità di governo della complessità dei problemi, ci si abbandona alla scorciatoia antidemocratica, quindi autoritaria, non riuscendo a dare le risposte necessarie e richieste dai cittadini. C’è insomma una convergenza antidemocratica tra le politiche che il regime cinese applica al proprio interno e che stanno introducendo le cosiddette democrazie reali occidentali. Gli uni e gli altri partendo dal criminalizzare le minoranze. Questo è un tema così importante che ho chiesto un approfondimento alla mia relazione da parte dell’Ambasciatore e già Ministro degli Esteri Giulio Maria Terzi, che interverrà dopo di me; e il professor Fabio Pistella che ha presieduto i più importanti enti di ricerca nazionali. Ci ha infine preannunciato che farà un approfondimento sul tema anche Norman Baker, che è stato Vice Ministro dell’Interno del Regno Unito). * * * * * Dicevo dunque, che è innanzitutto importante capire quali sono le politiche che a livello planetario oggi condannano le persone al sottosviluppo e alla sopravvivenza, inquinano l’ambiente, creano insicurezza. 

SPECULAZIONE NEL MERCATO DELLE COMMODITIES ALIMENTARI 

Generalmente le commodity alimentari sono prodotti agricoli o prodotti di base non lavorati come il sale, lo zucchero, il caffè, i cereali. A partire dalla fine del 2007, dopo decenni di progressivo calo, i prezzi delle principali materie prime agricole hanno cominciato a crescere: un primo picco è stato raggiunto nel giugno del 2008 per poi scendere altrettanto velocemente alla fine dell’anno. Di nuovo, i prezzi hanno ricominciato a salire 

nel 2010, arrivando ad un nuovo livello record nel 2011: l’indice FAO dei prezzi dei principali prodotti agricoli ha registrato 229.9 punti, a fronte dei 201.4 relativi al 2008. I dati raccolti dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD) in riferimento al periodo 2005-2008 riportavano un aumento complessivo dei prezzi del cibo dell’83%; mostrando un incremento del prezzo del grano del 127%, del riso del 170% e del mais del 217%. L’impatto dell’innalzamento dei prezzi è devastante in termini di fame nel mondo e malnutrizione: secondo le stime della Banca Mondiale l’esplosione dei prezzi delle derrate alimentari nel 2007-2008 ha provocato un aumento del numero di persone in estrema povertà da 130 a 150 milioni con un totale di persone che soffrono la fame di 963 milioni. Le crisi alimentari mondiali dei prezzi del cibo hanno portato l’attenzione della comunità internazionale sulla questione della sicurezza alimentare. A partire dagli anni ’90 la nascita di nuovi strumenti finanziari (Goldman Sachs crea nel 1991 il primo fondo indicizzato) e la progressiva deregolamentazione dei mercati derivati sulle materie prime hanno gettato le basi per la “finanziarizzazione” dei mercati delle materie prime agricole. A poco a poco investitori finanziari, fondi d’investimento, fondi pensione ed altri fondi speculativi, che operano al solo fine di ottenere un rendimento da variazioni di breve periodo dei prezzi, non avendo alcun interesse nelle materie agricole, hanno cominciato ad avere un ruolo sempre più importante sui mercati dei derivati delle commodities agricole trasformando questi mercati e distorcendone la funzione. L’ingresso di questi nuovi attori, che si è verificato soprattutto quando la crisi finanziaria ha reso impossibili i profitti sui mercati finanziari, ha fatto sì che la maggior parte delle transazioni effettuate sui mercati dei derivati agricoli non facessero più riferimento alle dinamiche del mercato reale. In un suo rapporto, l’organo americano competente a vigilare sui mercati dei futures di materie prime- la Commodity Futures Trading Commission (Cftc) – riporta che il 25 giugno 1996, alla borsa di Chicago l’88% dei futures sui cereali fossero legati alla copertura dei rischi e solo il 12% alla speculazione. La stessa rilevazione compiuta il 21 giugno 2011 sugli stessi 25 titoli mostra un rapporto rovesciato: il 61% detenuto dagli speculatori e solo il 39% è detenuto da chi vuole coprire i rischi. 

CONCENTRAZIONE DELLE IMPRESE NEL SETTORE AGRO-ALIMENTARE 

Il Gruppo internazionale di esperti sui sistemi alimentari sostenibili1, in un rapporto pubblicato un anno fa2 hanno rilevato che 

«Le aziende agroalimentari sono diventate troppo grandi per nutrire l’umanità in modo sostenibile, troppo grandi per operare in termini equi con altri attori del sistema alimentare e troppo grandi per offrire i tipi di innovazione di cui abbiamo bisogno. Altre mega-fusioni sono in corso e senza un cambiamento significativo, continueranno a consolidare un settore agroalimentare già oligopolistico. Le agenzie internazionali, le organizzazioni della società civile, i governi nazionali e i legislatori devono agire urgentemente per ricreare un sistema alimentare che soddisfi le esigenze di tutti». 

1 International Panel of Experts on Sustainable Food System -IPES Food 2 “Too big to feed: Exploring the impact of mega-mergers, consolidation and concentration of power in the agri-food sector” 

All’alba dell’acquisizione di Monsanto da 66 miliardi di dollari da parte di Bayer, il rapporto analizzava l’impatto delle grandi fusioni e denunciava il “consolidamento senza precedenti” innescato dalle mega-fusioni nel settore agro-alimentare. Nel rapporto si legge che 

con la fusione di 130 miliardi di dollari tra giganti agrochimici statunitensi Dow Chemical e DuPont, l’acquisizione di Syngenta da parte di ChemChina per 43 miliardi di dollari e la fusione programmata con SinoChem nel 2018, quasi il 70% dell’industria agrochimica sarà nelle mani di sole tre società risultanti dalle fusioni. Nonostante questo, a marzo del 2018 la Commissione europea ha autorizzato, seppure a determinate condizioni, l’acquisizione di Monsanto da parte di Bayer. Per l’occasione la Commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager ha dichiarato: 

«Abbiamo approvato i piani di Bayer per rilevare la Monsanto perché i rimedi delle parti, che valgono ben oltre 6 miliardi di euro, soddisfano pienamente i nostri problemi di concorrenza. La nostra decisione assicura che ci saranno una concorrenza effettiva e innovazione nei mercati delle sementi, pesticidi e nell’agricoltura digitale anche dopo questa fusione. In particolare, abbiamo assicurato che il numero di attori su questi mercati rimanga lo stesso. Questo è importante perché abbiamo bisogno della concorrenza per garantire agli agricoltori la possibilità di scegliere diverse varietà di semi e pesticidi a prezzi accessibili. E abbiamo bisogno della concorrenza per spingere le aziende a innovare nell’agricoltura digitale e continuare a sviluppare nuovi prodotti che soddisfino gli elevati standard normativi in Europa, a vantaggio di tutti gli europei e l’ambiente». 

* * * * * E per quanto riguarda il mercato mondiale dei cereali, circa il 90% è controllato da soli quattro gruppi mondiali, tre americani e uno francese3 . Come ha rilevato la Coldiretti nel 2017: 

nella trasformazione alimentare per cibo e bevande si stima che le 10 più grandi aziende di cibo e bevande possiedano il 37,5 % della quota di mercato mondiale delle prime 100. Nella distribuzione organizzata i 10 più grandi rivenditori di generi alimentari coprono il 29,3% delle vendite mondiali, che ammontavano in totale a 7,5 mila miliardi di euro, con il primo gruppo Wallmart che fattura da solo 262,5 miliardi di dollari. 

LAND GRABBING (ACCAPARRAMENTO DELLA TERRA) 

L’agricoltura mondiale si trova ad affrontare sfide nuove. L’erosione dei suoli progredisce, le temperature aumentano, l’acqua disponibile diminuisce, le rese cerealicole al momento non possono rendere più di quel che rendono. Diventa quindi sempre più difficile nutrire una popolazione che cresce ogni anno di 80 milioni di persone. Il land grabbing è l’accaparramento, mediante acquisto o affitto, su larga scala di terreni agricoli nei Paesi in via di sviluppo da parte di investitori stranieri in tutto il mondo. Il fenomeno non è nuovo, ma si è amplificato a partire dal 2008, a seguito della crisi finanziaria e alimentare, governi, grandi società e multinazionali ma anche altri investitori privati come fondi sovrani, fondi pensione e fondi di investimento, hanno dato vita ad una nuova ondata di acquisti dei terreni. 

3 ADM-Archer Daniels Midland (USA), Bunge (USA), Cargill (USA), Louis Dreyfus Commodities (Francia). 

Questi accordi sulla terra sono promossi dai governi come opportunità per attirare gli investimenti in agricoltura; sono spesso conclusi in paesi in cui la cessione dei terreni non è regolamentata, in totale opacità e senza una preventiva consultazione con le comunità locali e si traducono spesso in una lesione dei diritti delle popolazioni locali, poiché le zone vendute o affittate a investitori esterni sono considerate disponibili anche se spesso utilizzate dalle popolazioni locali che non possiedono titoli di proprietà riconosciuti, se non quelli consuetudinari. A causa dell’opacità e della poca trasparenza in cui avvengono gli accordi è difficile conoscere l’ampiezza del fenomeno. In un rapporto4 del 2011 la Banca Mondiale lanciava l’allarme sui rischi connessi alle acquisizioni di terra su larga scala, denunciando che gli accordi di terreni agricoli riguardavano circa 56 milioni di ettari e oltre il 70% di questi accordi riguardava l’Africa. I dati raccolti da Land Matrix – un database indipendente che monitora gli accordi sulla terra a livello globale – permettono di distinguere i Paesi Investitori e i Paesi Target. Primi dieci paesi investitori: Cina, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Malesia, Giappone, Spagna, Corea del Sud, Brasile, India. Primi dieci paesi Paesi Target: Perù, Russia, Repubblica Democratica del Congo, Ucraina, Brasile, Filippine, Sudan, Sud Sudan, Madagascar, Papua Nuova Guinea. Nonostante fino ad oggi il land grabbing sia stato generalmente ricondotto al Sud del mondo, questo fenomeno si è diffuso anche in Europa. In un rapporto5 del 2015 sull’estensione delle acquisizioni dei terreni agricoli nell’Unione europea è emerso che nel 2010 il 3% delle aziende controllava metà della superficie agricola utilizzabile, mentre l’80% dei coltivatori, proprietari di aziende al di sotto dei dieci ettari, possedevano il 12% dei terreni fertili. Infine, in una risoluzione del Parlamento europeo del 20166 si legge che 

«all’insegna della “diversificazione del portafoglio” un gran numero di gruppi bancari europei, fondi pensione e fondi assicurativi, hanno creato fondi di investimento per gli investimenti agricoli per diversificare i rischi e guadagnare dalle materie prime, in particolare dopo la crisi finanziaria del 2008». 

POPOLAZIONE MONDIALE 

Come abbiamo visto, c’è un elemento che tiene insieme tutte queste problematiche, il crescere esponenziale della popolazione mondiale. In un rapporto7 dell’ONU del giugno 2019 si prevede che il numero di persone sulla Terra passerà dai 7,7 miliardi di oggi a 9,7 miliardi nel 2050. Le nuove proiezioni demografiche indicano che nove paesi costituiranno più della metà della crescita prevista della popolazione mondiale da qui al 2050: India, Nigeria, Pakistan, Congo, Etiopia, Tanzania, Indonesia, Egitto e gli Stati Uniti d’America. Intorno al 2027, l’India potrebbe diventare il paese più popoloso del mondo, superando la Cina. Mentre si prevede che la popolazione dell’Africa subsahariana raddoppierà entro il 2050 con un aumento del 99%: praticamente raddoppierrà! La Nigeria, che attualmente è il settimo paese più popoloso, passerà al terzo posto con un aumento della 

4 “Rising Global Interest in Farmland” 5 Extent of Farmland Grabbing in the EU, Istituto Transnazionale (TNI), 2015 – commissionato dalla Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo 6 Risoluzione 2016/2141(INI) 7 Nuovo Rapporto sulla popolazione mondiale 2019, Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite, giugno 2019. 

10 

popolazione a 411 milioni, in aumento del 109% rispetto al 2018: da sola avrà più abitanti di tutti i paesi europei messi insieme. 

POVERTA’ 

Dall’ultimo rapporto8 del 2018 sulla povertà della Banca mondiale su dati del 2015 

– le persone che vivevano in “povertà estrema”, cioè le persone che vivono con meno di 1,90 dollari 

al giorno, erano 736 milioni. – il tasso globale di povertà era del 10% della popolazione (diminuito dell’1% rispetto a quello del 

2013) e non è mai stato così basso. – Le previsioni preliminari della Banca Mondiale per il 2018 rivelano un’ulteriore riduzione del 

tasso di povertà, che dovrebbe riguardare l’8,6% della popolazione mondiale. – Oltre un miliardo di persone è uscito da una situazione di povertà estrema nel periodo tra il 1990 al 2015: la forte crescita globale e di molti paesi in via di sviluppo, soprattutto nelle regioni più popolose dell’Asia meridionale, Pacifico e Asia orientale ha avuto un ruolo chiave nella riduzione della povertà. In particolare, la crescita economica della Cina, da sola, ha consentito di risollevare dalla povertà milioni di persone. Se da un lato dal rapporto emerge che la povertà sta diminuendo; dall’altro, il rapporto rileva con preoccupazione un rallentamento nella riduzione della povertà: tra il 2011 ed il 2013 la povertà è scesa di 2,5 punti percentuali, mentre nel biennio successivo 2013-2015 solo di 1,2 punti percentuali. Uno dei motivi di questo rallentamento è che la povertà si sta concentrando sempre di più in alcune aree geografiche. La metà delle persone che vivevano in estrema povertà nel 2015 è concentrata in soli cinque paesi: i paesi più popolosi dell’Asia meridionale (India e Bangladesh) e dell’Africa subsahariana (Nigeria, Repubblica Democratica del Congo e Etiopia). L’India con 170 milioni di poveri rappresentava nel 2015 circa un quarto della povertà globale. Il rapporto rileva però che la situazione potrebbe essere cambiata: le proiezioni per il 2018 indicano infatti che la Nigeria potrebbe aver superato l’India e potrebbe essere adesso paese con il più alto numero di poveri al mondo. In generale, l’Africa subsahariana rappresenta oggi la maggior parte dei poveri del mondo e la situazione potrebbe peggiorare perché, a differenza del resto del mondo, il numero totale di persone che vivono in povertà nella regione continua ad aumentare ed è passato da circa 278 milioni di persone dal 1990 a 413 milioni nel 2015. Dei 28 paesi più poveri del mondo, 27 sono paesi nell’Africa sub-sahariana. Viene inoltre stimato che entro il 2030 il 90% delle persone in povertà estrema potrebbe concentrarsi nella sola Africa subsahariana. Oltre alla soglia di povertà internazionale (1,90 dollari al giorno), la Banca Mondiale ha individuato due nuove soglie di povertà a livello nazionale di valore più elevato che riflettono le soglie di povertà tipiche dei paesi a reddito medio e sono pari a 3,20 dollari al giorno e 5,50 dollari al giorno. Queste nuove misure mostrano un quadro meno incoraggiante. Quasi un quarto della popolazione mondiale (il 26,3%) vive con meno di 3,20 dollari al giorno, tipica soglia di povertà dei paesi a reddito medio-basso; mentre la metà della popolazione mondiale (il 46%) 

8 Povertà e prosperità condivisa 2018” 

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vive con meno di 5,50 dollari al giorno, soglia di povertà in un tipico paese a reddito medio-alto. Credo che in Italia, che è un paese a reddito-medio alto- si possa tranquillamente considerare la soglia di povertà ben al di sopra di 5,50 dollari al giorno. Questo ci fa capire l’entità reale del problema. 

CONCENTRAZIONE DELLA RICCHEZZA- SQUILIBRI NELLA DISTRIBUZIONE DEI REDDITI E RIDUZIONE DELLA POVERTÀ ESTREMA 

Crescono le disuguaglianze fra i Paesi e, dato più allarmante, all’interno di molti Paesi, Italia inclusa. Secondo la Banca Mondiale i livelli nazionali di disuguaglianza mettono in pericolo i risultati raggiunti dall’umanità negli ultimi decenni. Oggi è a rischio sinanche l’aspirazione manifestata dai governi nel 2061 a sradicare la povertà estrema entro il 20309. OXFAM realizza da analisi una approfondita analisi sugli squilibri nella distribuzione globale della ricchezza netta. Da questa emerge che il persistente divario tra ricchi e poveri compromette i progressi nella lotta alla povertà, danneggia le nostre economie e alimenta la rabbia sociale in tutto il mondo. Non solo cresce la forbice tra ricchi e poveri, ma la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi questo evidenzia l’iniquità sociale e l’insostenibilità dell’attuale sistema economico. Lo scorso anno le ricchezze dei miliardari sono aumentate del 12%, al ritmo di 2,5 miliardi di dollari al giorno, mentre 3,8 miliardi di persone, la metà più povera dell’umanità, hanno visto diminuire quel che avevano dell’11%. In Italia, a metà 2018, il 20% più ricco dei nostri connazionali possedeva circa il 72% dell’intera ricchezza nazionale. E il 5% più ricco degli italiani possedeva da solo la stessa quota di ricchezza del 90% più povero. Sono trascorsi dieci anni dall’inizio della crisi finanziaria e, in questi anni: 

– il numero di miliardari è quasi raddoppiato. – La ricchezza dei miliardari del mondo è aumentata di $ 900 miliardi solo nell’ultimo anno, o $ 2,5 miliardi al giorno. Nel frattempo, la ricchezza della metà più povera dell’umanità, 3,8 miliardi di persone è diminuita dell’11%. – l’anno scorso 26 persone possedevano la stessa cifra di 3,8 miliardi di persone che costituiscono 

la metà più povera dell’umanità, rispetto a 43 persone dell’anno precedente. – il 10% dei titolari di patrimoni più elevati detiene quasi l’85% della ricchezza netta globale. – l’1% più ricco è titolare di quasi la metà della ricchezza netta aggregata e ha beneficiato, in termini reali, di quasi il 46% dell’incremento di ricchezza nel periodo intercorso tra giugno 2017 e giugno 2018, ed è composto per il 73% da cittadini residenti in Europa e Nord America. – in termini patrimoniali, per fare parte della metà più povera del pianeta, oggi basta disporre di una ricchezza che non supera i 3.490 euro. Questo gruppo, che possiede appena lo 0,4% della ricchezza netta del pianeta, è costituito per oltre due terzi da cittadini africani, latino-americani, indiani e dei paesi a basso e medio-basso reddito dell’area Asia-Pacifico. – Vi è inoltre un altro dato la ricchezza è particolarmente sotto tassata. Solo 4 centesimi in ogni 

dollaro di gettito fiscale derivano dalle tasse sulla ricchezza. – Nei paesi ricchi, l’aliquota massima delle imposte sul reddito delle persone fisiche è scesa dal 62% nel 1970 al 38% nel 2013. Mentre nei paesi in via di sviluppo, l’aliquota massima delle imposte sul reddito delle persone fisiche è del 28%. 

9 Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile nel settembre 2016 

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– In alcuni paesi, come Regno Unito o Brasile, considerando insieme imposte sui redditi e sui consumi, il 10% più ricco della popolazione paga meno tasse del 10% più povero (in proporzione ai relativi redditi). – Evasione ed elusione fiscale internazionale hanno raggiunto inoltre livelli allarmanti: una gran parte di redditi finanziari degli individui più facoltosi svanisce offshore, mentre i redditi di molte imprese multinazionali sfuggono all’imposizione fiscale. I super-ricchi nascondono alle autorità fiscali $ 7,6 trilioni di dollari. Le società di capitali nascondono anche grandi quantità all’estero. Insieme questo priva i paesi in via di sviluppo di $ 170 miliardi di dollari all’anno. – I servizi pubblici sono sistematicamente sotto-finanziati o vengono esternalizzati ad attori privati, con la conseguenza che ne vengono esclusi i più poveri. Ecco perché in molti paesi un’istruzione e una sanità di qualità sono diventate un lusso che solo i più ricchi possono permettersi. Nel mondo circa 10 mila persone al giorno muoiono per mancanza di accesso ai servizi sanitari, mentre 262 milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione. 

CAMBIAMENTI CLIMATICI 

Nel 2015, in occasione dell’adozione dell’Accordo di Parigi, la Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCC) aveva incaricato il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico10 di elaborare un “Rapporto Speciale” sugli impatti del riscaldamento a 1,5°C. Come ha detto il co-presidente del gruppo di lavoro, il cinese Panmao Zhai, “Stiamo già assistendo alle conseguenze dell’innalzamento di 1° C del riscaldamento globale come, dimostra l’aumento di eventi meteorologici estremi, l’innalzamento del livello dei mari e la diminuzione dei mari ghiacciati dell’Artico”. Limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi “richiede cambiamenti rapidi, completi e senza precedenti in tutti gli aspetti della società”, dall’energia alla pianificazione urbana e del territorio, con tagli alle emissioni in tutti i settori. Ciò vuol dire che le emissioni globali di gas serra dovranno essere ridotte del 45% entro il 2030, con l’obiettivo di arrivare a “emissioni nette zero” entro il 2050. Mentre un nuovo Rapporto dell’ONU lancia l’allarme sul rischio di “uno scenario di “clima apartheid “in cui i ricchi pagano per sfuggire al surriscaldamento, alla fame e ai conflitti mentre il resto del mondo è lasciato a soffrire”. Philip Alston, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà estrema e i diritti umani ha affermato che “il cambiamento climatico minaccia di annullare gli ultimi 50 anni di progressi nello sviluppo, nella salute globale e nella riduzione della povertà”. Il nuovo rapporto ha stimato che oltre 120 milioni di persone potrebbero finire in povertà entro il prossimo decennio a causa dei cambiamenti climatici. 

CHE FARE? 

Tutto questa complessità non può essere riassunta in slogan o risposte semplicistiche. Comprensibili al popolo ma contro il popolo. Quante volte Marco ci ha spronato ad essere impopolari per non essere antipopolari! 

10 Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC 

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Oggi è il momento! Mentre si approntano piani per “alleggerire” la povertà, cioè per stabilizzare i poveri nella povertà, è necessario rilanciare la lotta per la vita e lo sviluppo. Credo che per la natura del Partito, cioè pannelliano, noi abbiamo non solo il dovere ma l’obbligo di riprendere quel filo che si cominciò ad annodare quarant’anni fa. Perché quel filo era il filo giusto ma, dopo quarant’anni ce lo possiamo dire, quella classe dirigente era inadeguata a tessere. O meglio, qualcuno per qualche anno seguì quella campagna, poi ‘costrinse’ Pannella a gettare la spugna di fronte ad una legge italiana che Marco ci ha sempre ricordato non era la sua e nostra legge. Credo che dovremo concepire nuove proposte che guardino al domani e non si consumino e consumino l’attualità. Ho evitato appositamente sinanche di accennare alla questione delle migrazioni, anch’esso dramma epocale, che è il prodotto delle questioni alle quali ho cercato di accennare. In questa lotta sicuramente non saremo meno di quanti eravamo quando eravamo impegnati nella lotta per consegnare i moribondi, vivi alla vita e allo sviluppo. Da allora sono aumentati, di molto, coloro ai quali va assicurata, perché ne hanno diritto, una vita e la possibilità di migliorare le proprie condizioni. E’ una lotta intimamente legata al rispetto dei diritti umani fondamentali: universali, per tutti e ovunque e indivisibili, civili-sociali-politici. Sedici, diciassette anni fa ebbi l’opportunità di ascoltare al Parlamento europeo l’Allocuzione del Presidente del Perù, Alejandro Toledo, un testo che ogni tanto vado a rileggere perché ha una sua forza che va oltre la stretta attualità di quel momento. Anzi, un discorso che ritengo sia molto attuale. O meglio, allora era attuale per i peruviani, oggi è attuale anche per noi. 

Bisogna fare attenzione. Le democrazie non possono più essere travolte da colpi di stato tradizionali, ma possono essere debilitate dalla mancanza di risultati concreti per i poveri. (…) Non possiamo permetterci di cadere nel populismo, perché la conseguenza sarebbe l’iperinflazione e l’iperinflazione fa sì che i poveri diventino ancora più poveri. (…) La conoscenza è un’impresa a basso rischio, che opera nel lungo termine e di grande mobilità. Potranno venire governi populisti, ma non potranno nazionalizzare la conoscenza della nostra gente. Potranno venire governi sostenitori di un’eccessiva privatizzazione ma non potranno privatizzare ciò che è stato investito nelle menti. (…) Onorevoli parlamentari, poiché mi avete offerto il privilegio di condividere con voi questa riflessione, voglio dirvi che i milioni di uomini e donne nel mondo che oggi vivono con un dollaro al giorno si attendono dall’Unione europea, dai Paesi industrializzati, uno sforzo che li renda partecipi della globalizzazione con un volto umano, una globalizzazione che permetta di non mettere in discussione le istituzioni democratiche e consenta ai poveri di non perdere la speranza nella democrazia. 

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IL BACINO ITALIANO, IL FRONTE ITALIANO, IL CASO ITALIA Dicevo che i nostri fronti di lotta sono legati alla nostra natura di partigiani dello Stato di diritto democratico federalista laico e del nuovo diritto umano alla conoscenza. C’è un fronte che non solo non dobbiamo abbandonare ma al quale dedicare ancora più cura: è il fronte italiano. E’ il fronte che ancora oggi tiene in vita il Partito Radicale ma è soprattutto il fronte del Caso Italia. Il caso di una democrazia che non sboccia ma che sin dalla sua nascita è per alcuni aspetti prosecutrice del regime precedente e per altri negatrice, cioè in violazione dei principi fondamentali e fondanti della Costituzione. Il caso di un paese che viola più d’altri i Trattati internazionali, e che è ai vertici peril numero di condanne per violazione della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. Non sto parlando dell’attualità, se non nel senso dell’attualità storica. Oggi non sono pochi coloro che vedono la violazione della Carta costituzionale e sono in ambasce per la democrazia. Lo siamo anche noi, ma lo eravamo anche ieri. 

110 REFERENDUM: UNA RIFORMA MANCATA ANCORA NECESSARIA 

Tra tutte le nefandezze, che abbiamo puntualmente e puntigliosamente documentato in 65 anni di lotte politiche, il pacchetto dei 110 referendum – tra bocciati dalla Corte costituzionale, che non hanno raggiunto il quorum, e traditi dal Parlamento – è sicuramente il miglior programma riformatore che abbiamo messo in campo Ancora pochi giorni fa quando è scoppiato lo scandalo del CSM, il pensiero non poteva che andare a quel referendum che voleva abrogare l’elezione dei membri togati del CSM attraverso delle liste. Perché? Perché credevamo che le correnti nella magistratura avrebbero portato a quello che abbiamo letto in questi giorni. MA non è un caso. Non c’è problema di questo Paese sul quale non abbiamo cercato di dare un contributo. A prescindere dal tipo di Governo. 

IL DIRITTO A CONOSCERE PER DELIBERARE 

Noi siamo il precipitato storico di una storia alla quale sono appartenute persone come Mario Boneschi, Leopoldo Piccardi ed Ernesto Rossi, che proprio sessant’anni fa, nel gennaio del ’59, convocarono un convegno dal titolo “Verso il regime”, i cui atti furono pubblicati dalla Laterza. Quel convegno che si concluse con una mozione conclusiva costituita da una sola proposta: PER LA RIFORMA DELLA RAI. Su questo non dico una parola di più: interverrà Marco Beltrandi, che ha scritto un opuscolo che è in distribuzione all’ingresso e che fa parte di un progetto editoriale più esteso, sulle iniziative che abbiamo portato avanti a partire dal 2001 sino alle ultime di qualche settimana fa. 

RADIO RADICALE 

Non posso invece tralasciare la vicenda di Radio Radicale. Radio Radicale è, politicamente parlando, il tentativo – riuscito! – di realizzare il servizio pubblico puro. All’inizio lo abbiamo fatto destinando i soldi del finanziamento pubblico di spettanza del Partito 

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Radicale che era un modo per restituire ai cittadini quello che gli spettava in quanto diritto e non gli è stato mai riconosciuto e garantito: il diritto a conoscere per giudicare! Successivamente lo Stato ho indetto una gara per trasmettere le sedute del parlamento in modulazione di frequenza da una radio che avesse una rete nazionale. Partecipò solo Radio Radicale per una ragione molto semplice, non era conveniente, un editore puro e cioè che ha tra i suoi scopi quello legittimo al guadagno, se avesse vinto quella gara avrebbe dovuto rinunciare alla sua attività. Quella gara era una gara finta come ha sostenuto il sottosegretario Crimi e il Movimento 5 stelle? Visto che nell’affermare che quella gara era finta si mette in discussione la nostra onorabilità, moralità, onestà, noi che non abbiamo mai fatto ricorso al giudice di fronte a critiche politiche le più violente, non possiamo invece tollerare che si infanghi la nostra storia. Detto questo, dopo la gara, il Governo ha prorogato il servizio, prima per tre anni, poi per due, poi di anno in anno. Se il sottosegretario Crimi crede che questo sia illegittimo o illecito è giusto che faccia quel che deve. E ancora, per i soci di Radio Radicale, sia quello politico, la Lista Pannella, che gli imprenditori Podini e Cecilia Angioletti, destinano quello che dovrebbe essere il legittimo guadagno previsto in qualsiasi gara, a garantire il resto della programmazione. Così come è falso, perché tecnicamente errato, parlare di “finanziamento” anziché “corrispettivo”. Ma non è un chiamiamolo eufemisticamente errore per chi fa della lotta agli sprechi il proprio cavallo di battaglia. E la controprova sono le reazioni dei frequentatori degli spazi del M5 stelle. Dobbiamo ringraziare i tanti parlamentari di tutti gruppi, ad esclusione di quelli del M5S, anzi no, dobbiamo segnalare Paola Nugnes ed Elena Fattori che sulla vicenda Radio Radicale non hanno fatto mancare la loro voce. Paola Nugnes è stata espulsa dopo che aveva abbandonato il gruppo, mentre Elena Fattori è da tempo ostaggio dei probiviri. Faccio solo un accenno, ma è questione molto importante: l’articolo 49 della Costituzione! Abbiamo sempre lottato, dentro e fuori del Parlamento, perché vi fosse una legge degna di questo nome, che recepisca quanto la Costituzione detta: Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Così come attraverso la lettura delle motivazioni addotte per espellere alcuni parlamentari dal gruppo parlamentare, c’è un altro articolo che merita di trovare una sua applicazione cogente, l’articolo 67 della Costituzione: Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato. Tornando a Radio Radicale, non c’è la certezza della prosecuzione del servizio pubblico sin qui svolto da Radio Radicale e che non si ferma solo agli spazi in convenzione ma ad almeno il 95% di essi – volendo togliere gli spazi occupati dal Partito radicale così da uniformarla al servizio pubblico ufficiale. Quindi la lotta per la vita di Radio Radicale non è chiusa e nemmeno sospesa ma continua fino a quando non venga fatta la gara. Il sottosegretario Crimi ha, tra l’altro, sostenuto che non è possibile affidare quel servizio a una radio di partito. Ma il servizio non è affidato a una radio di un partito ma, politicamente parlando, al Partito Radicale. Vogliamo dire al sottosegretario Crimi che noi rivendichiamo questa scelta, e non solo, ma noi siamo pronti a mettere a confronto il servizio pubblico fornito da Radio Radicale, la radio del Partito Radicale con il servizio pubblico fornito dalla RAI, la radiotelevisione di tutti gli altri partiti. E nel mentre occupano la RAI, speriamo trovino tempo per sbattere fuori i partiti dalla RAI. Io credo che o radio radicale vive, ma vale anche per il partito e per ciascuno di noi, o meglio, e sicuramente anche per me, o sopravvivere non ha senso. 

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Devo ringraziare i 177.488 firmatari della petizione per salvare Radio Radicale, raccolta promossa e organizzata da Irene Testa e grazie a Irene e Maria Antonietta per le diverse manifestazioni organizzate per la vita di Radio Radicale. Infine, un pensiero a Massimo Bordin. 

LA GIUSTIZIA 

La vicenda del diritto al conoscere per giudicare ci introduce ad un altro fronte di lotta: quello della giustizia e delle carceri. Voglio ricordare quelle compagne e quei compagni che non ci sono più e che su questi fronti hanno dato il loro personale contributo. Da Adele Faccio ad Adelaide Aglietta, da Maria Teresa di Lascia a Emilio Vesce, e alle tante e tanti radicali ignoti. Spero di non aver dimenticato nessuno, naturalmente non dimentico Marco Pannella, Enzo Tortora e Leonardo Sciascia. Pare quasi che la riforma della giustizia sia una nostra ossessione, una fissazione, qualcosa di malato al limite dell’incapacità di pensare e fare altro. Quello che non si capisce o non si vuole capire è che, con il diritto a conoscere, la questione giustizia con la sua appendice carceraria è la precondizione perché possa esserci uno Stato di Diritto. E’ questo un assunto ideologico? Nient’affatto! Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa è composto dai ministri degli affari esteri dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa. Ebbene questi 47 ministri hanno rilevato a più riprese 

“che le decisioni del Comitato sin dall’inizio degli anni ’80 rivelano problemi strutturali dovuti all’eccessiva durata dei procedimenti giudiziari civili, penali e amministrativi in Italia; e che questo rappresenta un pericolo importante per il rispetto dello Stato di diritto;” Partendo da questo se ne trae una conclusione logica. Quarant’anni di durata eccessiva dei procedimenti rappresenta un fatto strutturale, una violazione continua, reiterata. Quindi se il pericolo era importante di per sé, dopo quarant’anni vi è da prendere atto che vi è stata una patente violazione dello Stato di Diritto. Anche la Commissione europea11 registra che la giustizia italiana è sempre più lenta: se nel 2016 ci volevano 514 giorni per arrivare ad una sentenza di primo grado per contenziosi civili e commerciali, nel 2017 ce ne sono voluti, in media, 548; 843 giorni per arrivare ad una sentenza di secondo grado e 1.299 per una sentenza di terzo grado. E al degrado delle procedure giudiziarie corrisponde il degrado della vita negli istituti penitenziari. Il Consiglio d’Europa12 registra che mentre il tasso di detenzione complessivo in Europa tra il 2016 e il 2018 è diminuito del 6,6%, in Italia è aumentato del 7,5%. L’Italia sino al 31 gennaio 2018 era al quarto posto per le carceri più sovraffollate (115 detenuti in 100 posti) superata da Macedonia del Nord (122,3 detenuti in 100 posti), Romania (120,3 detenuti in 100 posti), Francia (con 116,3 detenuti in 100 posti). Il centro dati Rita Bernardini, sulla base dei dati ufficiali del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ha calcolato che attualmente ci sono 129 detenuti ogni 100 posti disponibili. Così l’Italia è il paese con le carceri più sovraffollate tra i 47 paesi del Consiglio d’Europa. La percentuale di detenuti in custodia cautelare è aumentata mediamente in tutta Europa dal 17,4% al 22,4% del totale dei detenuti. Chi c’è al primo posto? L’Italia con il 34,5%: 20mila persone, di cui 

11 Quadro di valutazione UE della giustizia 2019, 26 aprile 2019, Commissione europea. 12 Statistiche penali annuali per il 2018 (SPACE I), 2 aprile 2019, Consiglio d’Europa. 

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quasi la metà sono in attesa di un primo giudizio, mentre gli altri hanno fatto appello contro la condanna o sono entro i limiti temporali per farlo. L’Italia registra anche la più alta percentuale di detenuti condannati per reati legati alla droga, con il 31,1% dell’intera popolazione carceraria contro una media europea del 16,8%. Complessivamente aumentano i ricorsi alle misure alternative rispetto alla detenzione13: al 31 gennaio 2018, erano 1.810.357 le persone che ne beneficiavano (una media di 169 persone su 100mila abitanti) mentre erano 1.540.578 secondo il rapporto del 2016. L’Olanda è il paese che concede più misure alternative, seguita da Inghilterra e Romania. L’Italia si trova al 25° posto sui 33 Paesi monitorati per quanto riguarda il ricorso a queste misure in rapporto alla popolazione carceraria. Sul fronte degli indennizzi stabiliti dalla Corte a titolo di equa soddisfazione14, l’Italia resta uno degli Stati condannati a pagare di più, dopo l’Albania e la Russia, con un totale di 9 792 285 € (a fronte di più di 12 milioni nel 2017). 

IL FRONTE FEDERALISTA, GLI STATI UNITI D’EUROPA (D’AFRICA, D’ASIA, DELLE CINE) 

In un momento storico nel quale tornano quali alternative allo Stato liberale protezionismi economici e nazionalismi politici, il federalismo è l’unica risposta concreta per farvi fronte. Senza riconoscere che vi è stata una degenerazione nel governo delle istituzioni liberali, come ad inizio del secolo scorso, sarà molto facile soccombere. E’ paradossale quello che accade nell’Unione europea dove si fronteggiano europeisti intergovernativi e antieuropeisti intergovernativi: due facce della stessa medaglia, quella degli stati nazionali che decidono a dispetto dei cittadini e dei loro rappresentanti riuniti nel Parlamento europeo. Il pensiero di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Marco Pannella è ancora oggi la risposta più adeguata. Solo federando e non dividendo sarà possibile rigenerare le istituzioni liberali. Purtroppo la lezione del secolo scorso non è stata di monito. Domani in mattinata su questo tema ci sarà l’intervento del Professor Mario Baldassarri con il quale ci siamo spesso confrontanti sul tema del federalismo e degli Stati Uniti d’europa. 

ANTIPROIBIZIONISMO 

L’antiproibizionismo, come il federalismo, è una forma di governo di problemi altrimenti non governabili. Sarà un caso ma, mentre in Europa esplodevano autoritarismi e totalitarismi, in america esplose il proibizionismo. Non c’è fenomeno sociale, riprovevole o meno, che possa essere governato più efficacemente con la repressione che con la legalizzazione. Il rischio oggi è l’insorgere di un antiproibizionismo di maniera, conformista, fine a se stesso, senza alcun obiettivo che non sia quello della propaganda per la propaganda. Il recupero dell’antiproibizionismo quale politica di buongoverno può diventare il grimaldello con il quale cercare di mettere in guardia dal futuro che ci attende. Ho finito. Sono molto interessato ai suggerimenti che potranno venire da questo Congresso. E alla capacità che non poche volte abbiamo avuto di concepire il possibile che ancora non si scorge. Grazie. 

13 Statistiche annuali sulle misure alternative alla detenzione SPACE II, 21 maggio 2019, Consiglio d’Europa. 14 Rapporto annuale sull’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, 4 aprile 2019. 

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ALLEGATO 1 – PARLAMENTO EUROPEO – ALLOCUZIONE DI ALEJANDRO TOLEDO, PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DEL PERÙ – 5 DICEMBRE 2002 

Toledo, Presidente del Perù. (ES) Onorevole Cox, Presidente del Parlamento Europeo, signor Presidente della Commissione, signor Presidente in carica del Consiglio, è davvero un onore essere qui, in un luogo che è il modello paradigmatico della democrazia nel mondo. Trecentosettantaquattro milioni di europei che hanno deciso di prendersi per mano per costruire uniti un mondo molto più integrato, un mondo che va oltre gli affari e il commercio. 

Oggi sono qui come Presidente costituzionale del Perù, dopo avervi fatto visita a Strasburgo, la volta scorsa, in qualità di Presidente eletto. Tuttavia, signor Presidente, la mia posizione di ribelle in nome della democrazia e della libertà, dei diritti umani e dell’ambiente non è cambiata. 

(Applausi) L’Europa ha un ruolo cruciale nel mondo e vi prego di permettermi, oggi, di riflettere insieme a voi con franchezza. Non c’è posto nel mondo per una globalizzazione selettiva, la globalizzazione non può essere circoscritta unicamente agli investimenti, al commercio o alle finanze. Se vi sono campi in cui la globalizzazione ha senso sono la democrazia, la libertà, i diritti umani e l’ambiente, perché la democrazia non ha nazionalità, come i diritti umani non hanno colore. E perché è nostra responsabilità lasciare alle generazioni future un mondo vivibile dove i nostri figli e i figli dei nostri figli possano godere con tranquillità non solo della democrazia ma di un ambiente sano, dove le fabbriche che producono ricchezza non possano distruggere la qualità dell’ambiente che le generazioni future erediteranno da noi. 

E’ vero che abbiamo bisogno di integrazione economica e finanziaria. E’ vero che l’America Latina ha bisogno più che mai di diversificare le sue relazioni commerciali e finanziarie. Ma è anche vero che è giunto il momento di integrarci senza perdere la nostra identità nazionale, è giunto il momento di affrontare la globalizzazione e la competitività a partire dalla premessa che la nostra diversità è la nostra forza. La globalizzazione non deve creare una cultura uniforme in tutto il mondo, sarebbe terribile se il Kentucky Fried Chicken o il McDonald’s fossero la cultura del mondo. Io mi ribello. (Applausi) 

Essere globali e competitivi non significa strapparsi di dosso la propria identità nazionale, essere competitivi non significa togliere umanità agli uomini e alle donne del mondo. Entrare a far parte della nuova cultura CNN o della cultura di Internet che ci permette di navigare per il mondo non deve separarci dalle nostre lingue, dai nostri cibi o dalle nostre caratteristiche culturali. In questo Parlamento, per il quale nutro un profondo rispetto, io lancio un invito affinché compiamo tutti gli sforzi possibili, signor Presidente, per cominciare a dare un volto umano alla globalizzazione, se vogliamo che questa sia sostenibile nel tempo. 

Non possiamo parlare di globalizzazione e di competitività quando ci sono milioni di milioni di uomini e di donne che stasera andranno a dormire senza sapere se domani avranno qualcosa da mangiare. La globalizzazione, per essere sostenibile nel tempo, deve essere onnicomprensiva, deve avere un volto umano e deve includere coloro che oggi sono emarginati. In America latina il 44% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, il 21% della popolazione vive al di sotto della soglia dell’estrema miseria: un dollaro al giorno. 

Se non avete coscienza sociale, vi invito a pensare in termini imprenditoriali. Considerate lo spreco di mano d’opera che potrebbe entrare a far parte del processo produttivo e far sì che l’economia cresca in misura sostenuta. Considerate lo spreco del mercato potenziale rappresentato da questo 44% di latinoamericani, che potrebbe consumare più pane, più latte, più camicie, più scarpe. Se non volete pensare in termini di equità sociale, pensate in termini di opportunità imprenditoriali. 

Oggi sono venuto a condividere con voi una preoccupazione latente nel cuore dell’America latina. Ho sollevato la questione al Vertice dei Presidenti di Guayaquil e all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Oggi, con moltissimo affetto, ma al tempo stesso con molta franchezza, voglio esprimermi su un argomento che necessita ancora di essere considerato a fondo, ma che espongo come idea. Il mondo in via di sviluppo, e in particolare l’America latina, si trova di fronte a un’enorme sfida: quella di rendere compatibile la gestione responsabile delle politiche economiche. Sono 30 anni che ci impegniamo nel riassetto strutturale, 30 anni in cui ci è stato chiesto di rimettere in ordine economicamente la nostra casa; ci abbiamo provato, alcuni più di altri, con maggiore o minore rigore. Eppure, dopo 30 anni di riassetto strutturale, non siamo stati in grado di prendere il via, non siamo stati capaci di passare dal riassetto strutturale a una nuova tappa di crescita economica sostenuta che crei posti di lavoro dignitosi per la nostra gente, in grado di generare reddito e di aumentare il consumo interno e, di conseguenza, di elevare il livello di vita della popolazione. 

Amiche e amici del Parlamento europeo, in America latina comincia a serpeggiare una sensazione di delusione a proposito della democrazia. Ci troviamo oggi di fronte a un dilemma che gli americani definirebbero di compatibilità fra Wall Street e Main Street. Di fronte alle pentole che risuonano nelle piazze dell’Argentina, del Venezuela, dell’Ecuador, della Colombia o dell’Uruguay, non possiamo chiudere le orecchie né gli occhi, c’è una voce alla quale non possiamo non rispondere. La gente comincia a chiedersi perché, con tanta democrazia, ci sia così poco lavoro e sempre la stessa povertà. I Paesi industrializzati ci dicono che la strada da seguire è il rafforzamento delle istituzioni democratiche e che dobbiamo imbarcarci sul treno della globalizzazione e della competitività, mentre la gente comune si chiede come farà a soddisfare le più elementari esigenze della famiglia. 

So che sto deliberatamente semplificando il problema, ma questo è il grave dilemma che dobbiamo affrontare quando parliamo di gestione responsabile della politica economica. Trent’anni di riassetto fallito non devono portarci 

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all’irresponsabilità. Non devono spingerci di nuovo verso il populismo. Ma bisogna fare qualcosa. Le donne e gli uomini dell’America latina cominciano a scendere in strada per protestare e cominciano a lamentarsi direttamente o indirettamente della democrazia. Questo è pericoloso. Lo dico io, che sono un fanatico della libertà, della democrazia, dei diritti umani e dell’ambiente. Ma non posso chiudere gli occhi di fronte a quello che vedo e che sento. 

In Perù il 54% della popolazione è condannato a vivere al di sotto della soglia di povertà, il 23% è condannato a vivere al di sotto della soglia dell’estrema miseria. E noi cosa diciamo loro? Che crediamo nella democrazia. Alcuni dicono ancora: “con Fujimori, sotto la dittatura, si stava meglio”. Sta succedendo qualcosa nella regione. 

So che siete impegnati nell’enorme sfida dell’integrazione europea e, forse, nell’esporvi questa mia preoccupazione sto distraendo la vostra attenzione. Ma se è così, non vi chiedo scusa. Voglio soltanto dirvi che esiste un continente disposto a comprare e a vendere, disposto a vivere in armonia con le convinzioni democratiche, la difesa dei diritti umani e la cura dell’ambiente. Spero che il processo di integrazione dell’Unione europea, che io ammiro, non vi porti a trascurare ciò che avviene in un continente con un grande potenziale. 

Nel mese di aprile o di maggio i Paesi membri del Gruppo di Rio si riuniranno a Lima, e ho chiesto esplicitamente che tema centrale dell’incontro sia la ricerca di meccanismi finanziari in grado di finanziare la governabilità e la democrazia in America latina. La democrazia costa, è come una pianta che non basta seminare, ma bisogna innaffiare, e non possiamo mai darla per scontata. Il nostro cuore sanguina quando vediamo una nazione sorella come l’Argentina. Ci rattrista la prospettiva di una possibile reazione a catena nella regione e, per quanto responsabili noi siamo nella gestione della politica economica, non c’è nessuno scudo che possa impedire una reazione a catena che potrebbe riportare la regione ad oscillare fra nuovi autoritarismi con volti diversi. 

Bisogna fare attenzione. Le democrazie non possono più essere travolte da colpi di stato tradizionali, ma possono essere debilitate dalla mancanza di risultati concreti per i poveri. 

Abbiamo chiesto a due organismi internazionali di aiutarci a trovare meccanismi finanziari che permettano di dare ossigeno alla governabilità e alla democrazia, al di là degli accordi con il Fondo monetario internazionale e con la Banca mondiale, che fissano livelli di indebitamento con i quali ci siamo assunti impegni relativi ai livelli di deficit fiscale. E su questo io sono d’accordo. 

Non possiamo permetterci di cadere nel populismo, perché la conseguenza sarebbe l’iperinflazione e l’iperinflazione fa sì che i poveri diventino ancora più poveri. Ma a cosa ci serve non avere inflazione? A cosa serve seguire fedelmente la ricetta del Fondo monetario internazionale? Il mio governo ha appena firmato un accordo con il Fondo, ma a cosa serve se non produce i risultati che i poveri si aspettano, dal momento che cominciano perdere fiducia nella democrazia? 

E’ giunto il momento di sederci ad un tavolo e studiare in maniera creativa meccanismi finanziari che esulino dai livelli di indebitamento estero e che, senza infrangere la disciplina fiscale e monetaria, ci concedano un grado maggiore di libertà finanziaria per investire in opere pubbliche in grado di generare lavoro e di far sì che la governabilità e la democrazia nella regione non siano minacciate. 

Onorevoli parlamentari, due settimane fa, nel mio paese, vi sono state elezioni regionali e municipali e il mio partito non ha ottenuto buoni risultati. Avrei potuto utilizzare denaro pubblico, avrei potuto distribuire regalie, avrei potuto fare del populismo, e probabilmente i risultati elettorali per il mio partito sarebbero stati migliori. Ma non sono stato eletto per governare a nome del mio partito, sono stato eletto per governare a nome di tutti i peruviani e mi sono fermamente imposto di non prendere decisioni di Stato pensando alle prossime elezioni. Mi sono imposto di prendere decisioni di Stato pensando alle prossime generazioni, e per questo ho pagato un prezzo molto alto. 

(Applausi) Una gestione economica irresponsabile avrebbe potuto significare pane per oggi e fame per domani. Sono nato in un piccolo paese a 4000 metri sopra il livello del mare, sulle Ande peruviane, vicino al sole. Ho avuto l’opportunità di arrivare dove sono arrivato, e avere il privilegio di venire qui, di rivolgermi al Parlamento europeo, grazie a una sola cosa: l’istruzione. 

(Applausi) So che la mia presenza qui, per molti, può apparire strana. Ci sono alcuni parlamentari europei che si sono impegnati con me nella lotta contro la dittatura e contro la corruzione. So che la mia presenza può apparire strana a molti, perché, per la prima volta in 500 anni, in Perù, grazie agli insegnanti e all’istruzione, un uomo della mia provenienza etnica, per un errore statistico, è diventato Presidente della Repubblica. E fin d’ora mi impegno a fare tutto il possibile affinché altre donne e uomini come me possano diventare Presidenti del Perù. 

(Applausi) Questa riflessione ha a che vedere con una decisione di politica statale. Sono venuto a chiedere ai miei amici europei: per favore, non vendeteci armi. Vi chiedo, per favore, di non venderci aerei, navi né carri armati. Lasciateci cambiare priorità al nostro bilancio pubblico già precario. L’anno scorso, assumendo la Presidenza, mi sono impegnato dinanzi al mio popolo a non tradirlo. Nel 2002 ho deciso di ridurre del 20% le spese militari per destinare il ricavato alla salute e all’istruzione dei poveri del Perù. E intendo farlo nei prossimi cinque anni. 

(Applausi) So che siete tolleranti e mi capirete. Non regalateci latte. Non regalateci i vostri prodotti agricoli, per favore… (Applausi) …perché se ci regalate latte, se ci regalate grano, ciò rappresenta una concorrenza sleale per gli agricoltori peruviani. 

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(Applausi) Con tutto l’affetto e l’ammirazione che nutro per questo Parlamento, permettetemi di dire con tutta franchezza che è giunto il momento di costruire un’autostrada commerciale a doppio senso. Fate quello che chiedete di fare a noi: apriteci i vostri mercati. 

(Applausi) Ci dite che dobbiamo praticare un’economia aperta, e io sono d’accordo. Ci dite che non dobbiamo dare sussidi all’agricoltura, e io sono d’accordo. Ma allora non date neppure voi sussidi all’agricoltura, aprite i vostri mercati. 

(Applausi) La ragione è molto semplice, miei cari amici, e spero che accogliate quello che dico in senso buono, sono le parole di qualcuno che ammira il processo di integrazione europea: il commercio è lavoro. Se non riusciamo a collocare i nostri prodotti, avremo sempre più uomini e donne disoccupati. Se ci chiedete di fare qualcosa che voi stessi non siete disposti a fare, non aiutateci: muoviamoci insieme. Se crediamo che la globalizzazione debba essere onnicomprensiva, prendiamoci per mano per permettere anche ai poveri di entrare nella globalizzazione. Un modo di farlo è costruire un’autostrada commerciale a doppio senso. Mi piace l’uguaglianza. So che agite con sollecitudine. So che nel fornire il vostro appoggio alimentare siete spinti da senso umanitario, ma permettetemi di dirvi, a mia volta con affetto, che i poveri dell’America latina saranno poveri ma hanno dignità. Non vogliono che gli si regalino briciole, chiedono soltanto che gli apriate i vostri mercati per collocare i loro prodotti su un piano di concorrenza leale dal punto di vista della qualità e del prezzo. (Applausi) 

Onorevoli deputati, mi è toccato governare un paese che esce da dieci anni di dittatura crudele, associata alla corruzione, al narcotraffico e al traffico d’armi. Ci è stato consegnato un paese con elevate aspettative sociali pienamente giustificate. Un paese in recessione da quattro anni. Un paese deistituzionalizzato. Un paese che ha perso la fiducia nei propri uomini politici. 

Potete immaginare un paese europeo in cui un Primo Ministro o un Presidente scappa dalla porta di servizio del palazzo del governo, si nasconde in Giappone, sotto un’altra nazionalità, e dà le dimissioni via fax? Solo in un mondo politico surreale si può immaginare una cosa del genere. Questo fatto è penetrato nell’anima degli uomini e delle donne del Perù, che non credono più a niente. E a noi tocca la responsabilità di riscattarne la fede e la fiducia. Tre giorni dopo aver assunto l’incarico della Presidenza, avevo già di fronte al palazzo del governo gruppi di manifestanti che davano sfogo alle loro aspettative. 

Non vengo a cantar vittoria né a fare del trionfalismo, ma posso dirvi che l’economia peruviana ha cominciato a crescere, che abbiamo un’inflazione al di sotto dell’1%, che le riserve internazionali sono al livello più alto mai raggiunto, che i tassi di disoccupazione cominciano lentamente a scendere, anche se non tanto in fretta come vorremmo. E ora mi sto impegnando affinché i successi a livello macroeconomico vengano avvertiti anche a livello delle tasche dei cittadini. Amiche e amici, ho 56 anni e il mio cammino è stato lungo e irto di difficoltà, ma ho imparato che quel che non uccide, rafforza. Oggi vengo a condividere con voi la mia convinzione personale e a dirvi che l’investimento più redditizio che può fare una famiglia o una società come quella peruviana è investire nella mente della sua gente. Questo, detto molto semplicemente, significa: investire nella salute, nell’istruzione e nella giustizia per i poveri. L’investimento nella salute e nell’istruzione, lo sapete meglio di me, è un investimento con un altissimo ritorno. La conoscenza è un’impresa a basso rischio, che opera nel lungo termine e di grande mobilità. Potranno venire governi populisti, ma non potranno nazionalizzare la conoscenza della nostra gente. Potranno venire governi sostenitori di un’eccessiva privatizzazione ma non potranno privatizzare ciò che è stato investito nelle menti. 

Oggi, nel concludere questa riflessione, signor Presidente, desidero soltanto dire che è giunto il momento di lavorare insieme per far sì che libertà, democrazia, rispetto per i diritti umani e salvaguardia dell’ambiente non siano unicamente una preoccupazione dell’America latina. Oggi voglio riflettere con voi sul fatto che la salute economica mondiale dipende dalla forza delle istituzioni democratiche e dalla sicurezza globale. L’Atlantico è sempre più piccolo. La globalizzazione e la concorrenza, per mezzo della tecnologia, devono avere un volto umano e comprendere tutti. E questo va ottenuto attraverso l’investimento nella salute e nell’istruzione. 

Signor Presidente, ho voluto condividere queste riflessioni personali con lei, con voi, onorevoli parlamentari, perché nell’aprile del prossimo anno, in Perù, i Paesi membri del Gruppo di Rio si riuniranno per esaminare specificamente una proposta volta a trovare meccanismi che permettano di finanziare la governabilità e la democrazia in America latina, per far sì che i poveri non perdano la fiducia nella democrazia. Siamo venuti a imparare dall’esperienza del processo di integrazione europeo. L’America latina sta cercando di costruire la propria integrazione. I Paesi andini stanno cercando di imparare la lezione offerta dal processo da voi intrapreso. Vogliamo una Comunità andina integrata, un’America latina più solida che possa essere un interlocutore dell’Unione europea, e spero che alla riunione di Rio ci sia data l’opportunità di avere osservatori dell’Unione europea che, con la loro esperienza, possano illuminarci in questo processo. Onorevoli parlamentari, poiché mi avete offerto il privilegio di condividere con voi questa riflessione, voglio dirvi che i milioni di uomini e donne nel mondo che oggi vivono con un dollaro al giorno si attendono dall’Unione europea, dai Paesi industrializzati, uno sforzo che li renda partecipi della globalizzazione con un volto umano, una globalizzazione che permetta di non mettere in discussione le istituzioni democratiche e consenta ai poveri di non perdere la speranza nella democrazia. (Applausi) 

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ALLEGATO 2 – I QUESITI REFERENDARI PROMOSSI DAL PARTITO RADICALE 

Le 59 consultazioni referendarie I referendum abrogativi su scala nazionale in Italia sono stati in totale 59. A questi vanno aggiunti 4 referendum non abrogativi, elencati in fondo alla pagina. Ecco l’elenco delle consultazioni referendarie nella repubblica italiana: 

12 MAGGIO 1974 Divorzio Abrogazione della legge Fortuna-Baslini, del 1970, con la quale era stato introdotto in Italia il divorzio. 

Affluenza: 87,7%, quorum raggiunto; SI 40,7%; NO 59,3%; risultato: NO 

11 GIUGNO 1978 Ordine Pubblico Abrogazione della legge Reale: norme restrittive in tema di ordine pubblico. 

Affluenza: 81,2%, quorum raggiunto; SI 23,5%; NO 76,5%; risultato: NO Finanziamento Partiti Eliminazione del finanziamento dei partiti da parte dello Stato (primo tentativo). 

Affluenza: 81,2%, quorum raggiunto; SI 43,6%; NO 56,4%; risultato: NO 

17 MAGGIO 1981 Ordine Pubblico Abrogazione della legge Cossiga, che era stata concepita per affrontare l’emergenza terrorismo in Italia. 

Affluenza: 79,4%, quorum raggiunto; SI 14,9%; NO 85,1%; risultato: NO Ergastolo Abolizione della pena dell’ergastolo. 

Affluenza: 79,4%, quorum raggiunto; SI 22,6%; NO 77,4%; risultato: NO Porto d’Armi Abolizione delle norme sulla concessione di porto d’arma da fuoco 

Affluenza: 79,4%, quorum raggiunto; SI 14,1%; NO 85,9%; risultato: NO Interruzione gravidanza 1 Abrogazione di alcune norme della legge 194 sull’aborto per rendere più libero il ricorso all’interruzione di gravidanza. Promosso dai Radicali. 

Affluenza: 79,4%, quorum raggiunto; SI 11,6%; NO 88,4%; risultato: NO Interruzione gravidanza 2 Abrogazione di alcune norme della legge 194 sull’aborto per restringere i casi di liceità dell’aborto. Di segno opposto al primo quesito. Promosso dal Movimento per la vita. 

Affluenza: 79,4%, quorum raggiunto; SI 32,0%; NO 68,0%; risultato: NO 9 E 10 GIUGNO 1985 Scala Mobile Abolizione della norma che comporta un taglio dei punti della scala mobile. Promosso dal PCI. 

Affluenza: 77,9%, quorum raggiunto; SI 45,7%; NO 54,3%; risultato: NO 

8 NOVEMBRE 1987 Responsabilità Giudici Abrogazione delle norme limitative della responsabilità civile per i giudici. 

Affluenza: 65,1%, quorum raggiunto; SI 80,2%; NO 19,8%; risultato: SI Commissione Inquirente Abolizione della commissione inquirente e del trattamento dei reati dei ministri. 

Affluenza: 65,1%, quorum raggiunto; SI 85,0%; NO 15,0%; risultato: SI Nucleare 1 Abrogazione dell’intervento statale se il Comune non concede un sito per la costruzione di una centrale nucleare. 

Affluenza: 65,1%, quorum raggiunto; SI 80,6%; NO 19,4%; risultato: SI Nucleare 2 Abrogazione dei contributi di compensazione agli enti locali per la presenza sul proprio territorio di centrali nucleari. 

Affluenza: 65,1%, quorum raggiunto; SI 79,7%; NO 20,3%; risultato: SI Nucleare 3 Esclusione della possibilità per l’Enel di partecipare alla costruzione di centrali nucleari all’estero. 

Affluenza: 65,1%, quorum raggiunto; SI 71,9%; NO 28,1%; risultato: SI 

3 GIUGNO 1990 Caccia 1 Disciplina della caccia 

Affluenza: 43,4%, quorum non raggiunto 92,2%; NO 7,8%; risultato: non valido Caccia 2 Accesso dei cacciatori a fondi privati 

Affluenza: 42,9%, quorum non raggiunto 92,3%; NO 7,7%; risultato: non valido Uso Pesticidi Abrogazione dell’uso dei pesticidi nell’agricoltura. Promosso dai Verdi. 

Affluenza: 43,1%, quorum non raggiunto SI 93,5, NO 6,5%; risultato: non valido 

9 E 10 GIUGNO 1991 Preferenza Unica Riduzione del sistema delle preferenze nelle liste per la Camera dei deputati, portandole da tre a una. 

Affluenza: 62,5%, quorum raggiunto; SI 95,6%; NO 4,4%; risultato: SI 

18 E 19 APRILE 1993 Controlli Ambientali Abrogazione delle norme sui controlli ambientali effettuati per legge dalle USL. 

Affluenza: 76,8%, quorum raggiunto; SI 82,6%; NO 17,4%; risultato: SI Stupefacenti Abrogazione delle pene per la detenzione ad uso personale di droghe leggere. Promosso dai Radicali. 

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Affluenza: 77,0%, quorum raggiunto; SI 55,4%; NO 44,6%; risultato: SI Finanziamento Partiti Abolizione del finanziamento pubblico ai partiti (secondo tentativo). 

Affluenza: 77,0%, quorum raggiunto; SI 90,3%; NO 9,7%; risultato: SI Casse di Risparmio Abrogazione delle norme per le nomine ai vertici delle banche pubbliche. 

Affluenza: 76,9%, quorum raggiunto; SI 89,8%; NO 10,2%; risultato: SI Partecipazioni Statali Abrogazione della legge che istituisce il Ministero delle Partecipazioni Statali. 

Affluenza: 76,9%, quorum raggiunto; SI 90,1%; NO 9,9%; risultato: SI Leggi Elettorali Senato Abrogazione della legge elettorale per il Senato per introdurre il sistema maggioritario. 

Affluenza: 77,0%, quorum raggiunto; SI 82,7%; NO 17,3%; risultato: SI Ministero Agricoltura Abrogazione della legge che istituisce il Ministero dell’Agricoltura. 

Affluenza: 76,9%, quorum raggiunto; SI 70,2%; NO 29,8%; risultato: SI Ministero Turismo Abrogazione della legge che istituisce il Ministero del Turismo e Spettacolo. 

Affluenza: 76,9%, quorum raggiunto; SI 82,3%; NO 17,7%; risultato: SI 

11 GIUGNO 1995 Rappresentanze Sindacali 1 Liberalizzazione delle rappresentanze sindacali (abolizione del monopolio confederale). Affluenza: 57,2%, quorum raggiunto; SI 49,97%; NO 50,03%; risultato: NO Rappresentanze Sindacali 2 Rappresentanze sindacali nella contrattazione pubblica: modifica dei criteri di rappresentanza in modo che questa vada anche alle organizzazioni di base. 

Affluenza: 57,2%, quorum raggiunto; SI 62,1%; NO 37,9%; risultato: SI Pubblico Impiego Contrattazione collettiva nel pubblico impiego: abrogazione della norma sulla rappresentatività per i contratti del pubblico impiego. 

Affluenza: 57,4%, quorum raggiunto; SI 64,7%; NO 35,3%; risultato: SI Soggiorno Cautelare Abrogazione della norma sul soggiorno cautelare per gli imputati di reati di mafia. 

Affluenza: 57,2%, quorum raggiunto; SI 63,7%; NO 36,3%; risultato: SI Privatizzazione RAI Abrogazione della norma che definisce pubblica la RAI, in modo da avviarne la privatizzazione. 

Affluenza: 57,4%, quorum raggiunto; SI 54,9%; NO 45,1%; risultato: SI 

Autorizzazione Commercio Abrogazione della norma che sottopone ad autorizzazione amministrativa il commercio. 

Affluenza: 57,2%, quorum raggiunto; SI 35,6%; NO 64,4%; risultato: NO Orario degli Esercizi Commerciali Abrogazione della norma che impedisce la liberalizzazione degli orari dei negozi. 

Affluenza: 57,3%, quorum raggiunto; SI 37,5%; NO 62,5%; risultato: NO Contributi Sindacali Abrogazione della norma che impone la contribuzione sindacale automatica ai lavoratori. 

Affluenza: 57,3%, quorum raggiunto; SI 56,2%; NO 43,8%; risultato: SI Elettorale Piccoli Comuni Legge elettorale per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti: estensione ai Comuni più grandi dell’elezione diretta del sindaco già prevista per i piccoli. 

Affluenza: 57,4%, quorum raggiunto; SI 49,4%; NO 50,6%; risultato: NO Concessioni per la Radiodiffusione Televisiva Abrogazione delle norme che consentono la concentrazione di tre reti televisive. 

Affluenza: 58,1%, quorum raggiunto; SI 43,1%; NO 56,9%; risultato: NO Interruzioni Pubblicitarie Abrogazione delle norme che consentono un certo numero di break pubblicitari in tv. 

Affluenza: 58,1%, quorum raggiunto; SI 44,3%; NO 55,7%; risultato: NO Raccolta Pubblicità TV Modifica del tetto massimo di raccolta pubblicitaria delle televisioni private. 

Affluenza: 58,1%, quorum raggiunto; SI 43,6%; NO 56,4%; risultato: NO 

15 GIUGNO 1997 Privatizzazione Abolizione dei poteri speciali riservati al Ministro del Tesoro nelle aziende privatizzate. 

Affluenza: 30,2%, quorum non raggiunto 74,1%; NO 25,9%; risultato: non valido Obiezione di Coscienza al Servizio Militare Abolizione dei limiti per essere ammessi al servizio civile in luogo del servizio militare. 

Affluenza: 30,3%, quorum non raggiunto 71,7%; NO 28,3%; risultato: non valido Caccia Abolizione della possibilità per il cacciatore di entrate liberamente nel fondo altrui. 

Affluenza: 30,2%, quorum non raggiunto 80,9%; NO 19,1%; risultato: non valido Carriere Magistrati Abolizione del sistema di avanzamento nella carriera dei magistrati. 

Affluenza: 30,2%, quorum non raggiunto 83,6%; NO 16,4%; risultato: non valido Ordine dei Giornalisti Abolizione dell’Ordine dei giornalisti. Promosso dai Radicali. 

Affluenza: 30,0%, quorum non raggiunto 

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65,5%; NO 34,5%; risultato: non valido Incarichi Extragiudiziali dei Magistrati Abolizione della possibilità per i magistrati di assumere incarichi al di fuori delle loro attività giudiziarie. 

Affluenza: 30,2%, quorum non raggiunto 85,6%; NO 14,4%; risultato: non valido Ministero Politiche Agricole Abrogazione della legge che istituisce il Ministero delle Politiche Agricole. 

Affluenza: 30,1%, quorum non raggiunto 66,9%; NO 33,1%; risultato: non valido 

18 APRILE 1999 Quota Proporzionale Abolizione della quota proporzionale nelle elezioni della Camera dei Deputati. 

Affluenza: 49,6%, quorum non raggiunto 91,5%; NO 8,5%; risultato: non valido 

21 MAGGIO 2000 Finanziamento Partiti Eliminazione del rimborso spese per consultazioni elettorali e referendarie 

Affluenza: 32,2%, quorum non raggiunto 71,1%; NO 28,9%; risultato: non valido Quota Proporzionale Abolizione della quota proporzionale nelle elezioni della Camera dei Deputati 

Affluenza: 32,4%, quorum non raggiunto 82,0%; NO 18,0%; risultato: non valido Elezione del CSM Abolizione del voto di lista per l’elezione dei membri togati del CSM. 

Affluenza: 31,9%, quorum non raggiunto 70,6%; NO 29,4%; risultato: non valido Separazione Carriere Magistrati Separazione netta della carriera di un magistrato pubblico ministero da quella di un giudice. Promosso dai Radicali. 

Affluenza: 32,0%, quorum non raggiunto 69,0%; NO 31,0%; risultato: non valido Incarichi Extragiudiziali Abolizione della possibilità per i magistrati di assumere incarichi al di fuori delle loro attività giudiziarie. 

Affluenza: 32,0%, quorum non raggiunto 75,2%; NO 24,8%; risultato: non valido Licenziamento – Art. 18 Abrogazione dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori. Promosso dai Radicali. 

Affluenza: 32,5%, quorum non raggiunto 33,4%; NO 66,6%; risultato: non valido Trattenute Sindacali Abrogazione della possibilità di trattenere dalla busta paga o dalla pensione la quota di adesione volontaria a un sindacato o associazione di categoria attraverso un patronato. 

Affluenza: 32,2%, quorum non raggiunto 61,8%; NO 38,2%; risultato: non valido 

15 GIUGNO 2003 Reintegrazione dei lavoratori Estensione del diritto al reintegro nel posto di lavoro per i dipendenti licenziati senza giusta causa. Promosso da Rifondazione Comunista. 

Affluenza: 25,5%, quorum non raggiunto 86,7%; NO 13,3%; risultato: non valido Servitù coattiva di elettrodotto Abrogazione dell’obbligo per i proprietari terrieri di dar passaggio alle condutture elettriche sui loro terreni. Promosso dai Verdi. 

Affluenza: 25,6%, quorum non raggiunto 85,6%; NO 14,4%; risultato: non valido 

12 E 13 GIUGNO 2005 Procreazione medicalmente assistita I Limite alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni. 

Affluenza: 25,4%, quorum non raggiunto 88,0%; NO 12,0%; risultato: non valido Procreazione medicalmente assistita II Norme sui limiti all’accesso alla procreazione medicalmente assistita. 

Affluenza: 25,5%, quorum non raggiunto 88,8%; NO 11,2%; risultato: non valido Procreazione medicalmente assistita III Norme su finalità, diritti, soggetti coinvolti e limiti all’accesso alla procreazione medicalmente assistita. 

Affluenza: 25,5%, quorum non raggiunto 87,7%; NO 12,3%; risultato: non valido Procreazione medicalmente assistita IV Divieto di fecondazione eterologa. 

Affluenza: 25,5%, quorum non raggiunto 77,4%; NO 22,6%; risultato: non valido A questi vanno aggiunti altri quattro referendum su scala nazionale per i quali non era previsto alcun quorum di validità: – Il c.d. Referendum istituzionale del 2 giugno 1946 in cui il popolo è chiamato a scegliere tra Monarchia (10.718.502 voti pari al 45,7%) e Repubblica (12.718.641 pari al 54,3%), dove vota comunque l’89,1% degli aventi diritto; – il Referendum consultivo del 1989 sul conferimento del mandato costituente al Parlamento europeo, tenuto il 18 giugno 1989: i voti favorevoli sono 29.158.656 (88,0%) e i contrari 3.964.086 (12,0%) con l’80,7% di votanti; – il Referendum costituzionale del 2001 sulla modifica del Titolo V della Costituzione, tenuto il 7 ottobre 2001: i favorevoli sono 10.433.574 (64,2%) e i contrari 5.816.527 (35,8%), con il 34,1% di votanti. – il Referendum costituzionale del 2006 sulla modifica della Parte II della Costituzione, tenuto il 25 e 26 giugno 2006. Si tratta del secondo referendum costituzionale confermativo della storia repubblicana, per approvare o bocciare la riforma voluta e approvata nella XIV legislatura esclusivamente dal centro-destra: favorevoli il 38,3% e contrari il 61,7%, con il 53,6% dei votanti. 

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I 50 referendum respinti dalla Corte Costituzionale Reati opinione e associazione Concordato Abolizione Tribunali Militari – 1 1977 Abolizione Tribunali Militari – 2 Reati opinione e associazione Caccia Legalizzazione non droghe 

1980 Smilitarizzazione Guardia Finanza Localizzazione centrali nucleari Caccia – 1 (2) Caccia – 2 (2) 1986 Sistema Elettorale CSM Legge elettorale Senato (3) Legge elettorale Comuni (3) 1990 Legge Elettorale Senato – 2 (Corel) 1992 Pubblicità RAI-TV (4) Tesoreria Unica (4) Sostituto d’imposta Servizio Sanitario Nazionale 

1994 Cassa Integrazione straordinaria Legge Elettorale Camera Legge Elettorale Senato ENEL: liberalizzazione produzione Assistenza Sindacale Patti in Deroga 

1995 

Legge elettorale Camera Legge elettorale Senato Legalizzazione droghe leggere Sistema elettorale CSM Smilitarizzazione Guardia Finanza Responsabilità civile Magistrati Aborto di Stato Limitazione pubblicità RAI-TV Ritenuta d’acconto Servizio Sanitario Nazionale Scuola Elementare Pubblico Registro Automobilistico Collocamento al lavoro Tempo determinato Part time Lavoro a domicilio Sostituto d’imposta Smilitarizzazione della guardia di Finanza Pensioni di anzianità 

1999 Servizio sanitario nazionale Monopolio Inail Responsabilità civile dei magistrati Carcerazione preventiva Termini ordinatori e perentori Patronati sindacali Legge 40/2004 2004 

1 Comment

  • Bondioli Alberto 12 Luglio 2019

    Care Compagne e Compagni, purtroppo non ho partecipato fisicamente al congresso ma ho seguito i lavori dalla NOSTRA radio. Mi riconosco nelle linee guida tracciate dal Segretario. Avanti con la consapevolezza che le nostre idee sono condivise da tanti.

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