Dichiarazioni di Sam Rainsy sull’iniziativa in corso dell’opposizione democratica cambogiana

Kuala Lumpur, 10 novembre 2019: Dichiarazioni del leader dell’opposizione democratica cambogiana e presidente d’onore del Partito Radicale, Sam Rainsy ai microfoni di Francesco Radicioni

Francesco Radicioni: Radio Radicale. Fin dallo scorso agosto Sam Rainsy, il leader dell’opposizione democratica cambogiana e presidente d’onore del Partito Radicale, aveva annunciato per il 9 novembre il suo ritorno in Cambogia dopo 4 anni di esilio in Francia. Mentre il governo di Hun Sen – l’uomo al potere a Phnom Penh dal 1985 – sta facendo di tutto per impedire che Sam Rainsy possa tornare nel paese del sud-est asiatico, ieri il leader dell’opposizione in Cambogia è arrivato qui nella capitale della Malaysia.

Sam Rainsy, sei ora arrivato a Kuala Lumpur: così vicino alla Cambogia, anche se non c’è un confine comune tra Malaysia e Cambogia. A questo punto qual è il tuo piano?

Sam Rainsy: Il mio piano rimane lo stesso. Il grande piano è quello di ripristinare la democrazia in Cambogia. E il piano più piccolo prevede che i leader dell’opposizione tornino in Cambogia. Per tornare fisicamente. E riusciremo a farlo nel prossimo futuro.

FR: Ieri il governo di Hun Sen ha detto che tu e gli altri leader dell’opposizione potete tornare nel paese, anche se la prospettiva è quella di essere arrestati. Oggi un tribunale di Phnom Penh ha invece rilasciato dagli arresti domiciliari Kim Sokha – un altro esponente importante dell’opposizione – che ora potrà viaggiare in Cambogia, anche se non gli è consentito lasciare il paese o essere impegnato in politica. Che cosa significano questi ultimi sviluppi?

SR: Hun Sen non dice sempre la stessa cosa. Cambia posizione. E se non è lui a cambiare, è uno dei suoi ministri a dire cose diverse. Quindi, non sappiamo cosa vogliono, e forse è proprio il loro intento confonderci. E dunque aspettiamo che siano chiari. Dicono che posso tornare ora. Ma devono ancora revocare il divieto, annullare il divieto alle compagnie aeree di portarmi in Cambogia. Non possono semplicemente dire “puoi venire; non puoi venire”. Devono essere coerenti e prendere decisioni ufficiali, comunicandoli alle autorità ufficiali, alle compagnie aeree, ecc., in modo che sia davvero chiaro. Questo è il primo punto. In secondo luogo, ciò che vogliamo è il ripristino della democrazia in Cambogia. Di risolvere la crisi politica in Cambogia. Una crisi che è peggiorata. Quindi non si tratta del problema di Kem Sokha come persona. Non si tratta del problema di Sam Rainsy come persona. Si tratta di un problema per il popolo cambogiano: recuperare la nostra libertà, ripristinare la democrazia. Sì, abbiamo bisogno di leader per farlo: di Kem Sokha, di Sam Rainsy. Ma non basta. Sono solo un punto, un elemento in un quadro generale molto più ampio: dobbiamo assicurarci che Hun Sen voglia davvero ripristinare la democrazia. E non soltanto confondere il mondo o l’Unione europea in particolare. Di confondere e ingannare… Hun Sen pensa di poter ingannare la comunità internazionale dando qualcosa di molto poco, risolvendo un problema che lui stesso ha creato. Questa è la sua tattica. E’ la sua solita tattica prima dei negoziati: creare problemi. Crea 100 problemi. E poi ne risolve uno, due, tre per accontentare gli interlocutori internazionali… ma per quanto riguarda i 99, 98, 97 altri problemi? E’ il suo solito modo di contrattare: liberare Kem Sokha dagli arresti domiciali… Ma peraltro è solo un rilascio parziale, non è un vero rilascio perché Kem Sokha non può lasciare il paese; Kem Sokha non può fare attività politiche; Kem Sokha non può incontrarmi… Ma ha fatto questo piccolo gesto nella speranza che la comunità internazionale sarà felice, e soprattutto l’Unione europea, in quanto Hun Sen ha bisogno che l’UE mantenga il sistema di privilegi commerciali del Tutto Tranne le Armi. Quindi, tornando alla questione del mio ritorno, è solo un elemento. Il rilascio di Kem Sokha è solo un elemento. Ma dobbiamo guardare al quadro generale, un quadro molto ampio: quali sono le concessioni generali su molti altri punti che Hun Sen deve fare, che Hun Sen deve promettere, sui quali si deve impegnare? Per cedere molto di più delle piccole cose. Parliamo della libertà di stampa. Parliamo della libertà dei sindacati. Parliamo della libertà dei leader sindacali. I sindacati devono poter organizzare e mobilitare i lavoratori, chiedere stipendi migliori, migliori condizioni di vita… Questi non solo sono i loro diritti, ma anche queste richieste dei sindacati fanno parte di tutti i problemi che vanno risolti. Dunque non soltanto un approccio frammentario che riguarda solo Kem Sokha, solo Sam Rainsy… Non basta.

FR: Quale pensi sia ora la strategia di Hun Sen? Negli ultimi giorni ci sono state decine di arresti in Cambogia di esponenti dell’opposizione, le foto di polizia e esercito al posto di confine di Poipet e vicino l’aeroporto di Phnom Penh. L’atteggiamento di Hun Sen sembra essere paranoico…

SR: Dimostra che Hun Sen ha molta paura. Sta andando nel panico. E sta diventando molto incoerente. Negli ultimi mesi mi ha minacciato: “non venire, non venire!”. “Se vieni, ti faccio arrestare. Ti distruggerò!”. Quando gli ho risposto: “Ok, non importa, vengo”, ha proibito alle compagnie aeree di portare Sam Rainsy in Cambogia… Allora, è molto incoerente. E’ pazzo. Ciò dimostra innanzittutto che ha molta paura. E in secondo luogo, vuole rimanere al potere. Ad ogni costo. Usando tutta la violenza, tutte le possibili minacce. Ha arrestato dozzine dei miei sostenitori, dozzine di attivisti. E ha convocato il suo tribunale, il suo tribunale di canguro, per inserire molte persone nelle liste nere, per minacciarle. E, sapendo che uso molto Facebook… Io non ho un canale televisivo, ho solo Facebook. Non ho una radio come quella del Partito Radicale che è molto popolare. Non ho radio né televisione. In Cambogia, ci sono 30 stazioni televisive, tutte controllate dal partito al potere. Quindi il mio unico sbocco, il mio unico mezzo di comunicazione di massa è Facebook. Ho quasi cinque milioni di follower. E dunque quando dico qualcosa, la gente lo sa e può riflettere sulle opinioni e le idee che ho proposto. Allora Hun Sen ha minacciato di mandare chiunque mettesse like alla mia pagina in galera. Di mandare chiunque condivida qualsiasi mio post in galera. Ancora una volta, dimostra quanta paura abbia. Dunque, quel che noi facciamo è una dissobedienza civile. Lui ha detto: “nessun like, nessuna condivisione della pagina Facebook di Sam Rainsy”. E io chiedo alla gente di fare like e di condividere. Perché questo non è un crimine! In nessun posto al mondo fare clic su Mi piace of su Condividi è un crimine. E ci sono così tante persone tra i miei cinque milioni di follower, che se anche solo il dieci percento di loro, il che significa 500.000 persone, mettesse un like o condividesse un mio contenuto, lui dovrebbe mandare 500.000 persone in prigione… Ma non può mettere 500.000 persone in carcere, non esiste una prigione abbastanza grande da ospitare mezzo milione… mezzo milione di persone! Quindi la nostra è una campagna pacifica, che dimostra che siamo pacifici, che siamo nonviolenti, ma che l’ordine di Hun Sen è inaccetabile. Non puoi impedire alle persone di amare, di credere. Puoi ordinare al corpo di non fare determinate cose; puoi tagliarmi la mano pur di non farmi fare qualcosa; puoi tagliarmi i piedi purché non posso andare da nessuna parte; ma non puoi uccidere il mio spirito! Se credo in qualcosa, in qualcuno, questa è la mia ultima libertà! Nella mia testa. Nel mio cuore. Se vuoi opprimere questa ultima libertà di un essere umano, se non vuoi permettergli di pensare, di piacere, di amare, se non vuoi permettergli di credere… E’ come l’inizio del cristianesimo. Come fai ad impedire alle persone di credere? E’ lo stesso. E ora Hun Sen deve capire che non può vietare alle persone di credere. E voglio che le persone che sostengono il mio partito di cliccare mi paice, di condividere. Di dimostrare che far vedere che credi non è un crimine! Non hai fatto niente di male! E’ ciò che è nella tua testa, ciò che è nel tuo cuore, non è un crimine e quindi fallo! Se Hun Sen ci deve arrestare, deve arrestare almeno mezzo milione di persone, e allora sarà la fine del suo regime.

FR: Quando la scorsa estate hai annunciato di voler tornare in Cambogia il 9 novembre hai detto di volerti ispirare al People Power: il movimento che nelle Filippine della metà degli anni ’80 portò alla caduta del regime di Ferdinand Marcos e alla restaurazione della democrazia a Manila. Invece, quando ieri sei atterrato in Malaysia hai detto che qui la democrazia ha vinto, dopo che lo scorso anno – per la prima volta dal 1957 – c’è stato lo storico successo delle opposizioni alle elezioni dello scorso anno. Pensi che esista un modello per la promozione della democrazia qui nel sud-est asiatico?

SR: Sì, il popolo cambogiano ammira la Malesia. Perché la Malesia ha dimostrato che è possibile porre fine a una dittatura. Che è possibile consentire pensieri diversi, opinioni diverse. Che non esiste l’eternità. Nessun partito politico, nessun leader può godere dell’eternità. Pertanto, in Malesia, dopo il dominio di un partito, per decenni, penso per sessant’anni… l’opposizione ha vinto. Hun Sen e il suo partito sono al potere da “soli” quarant’anni. Allora sarebbe possibile anche per il popolo cambogiano porre fine alla dittatura. Sarebbe possibile per l’opposizione sconfiggere questo governo di un singolo partito per così tanto tempo. E in Cambogia è anche peggio, perché durante il governo di un singolo partito in Malesia almeno c’erano diversi leader, diversi primi ministri. Ma in Cambogia in quel periodo, solo una persona, un solo primo ministro! Quindi non è soltanto il governo di un singolo partito, ma di un uomo singolo! Questo non è un sistema mono-partitico, è un sistema di one man. E proprio per questo è ancora più vulnerabile. Per questo è possibile per noi realizzare un cambiamento, un cambiamento democratico!

Ascolta l’intervista http://www.radioradicale.it/scheda/589965/intervista-a-sam-rainsy-sul-suo-arrivo-in-malesia-e-sul-futuro-della-cambogia

 

 

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