UE – Cina Accordo sugli investimenti

L’Unione europea e la Cina hanno raggiunto, dopo sette anni di negoziati, l’accordo politico sugli investimenti “Comprehensive Agreement on Investment” (CAI), a spese dei diritti umani delle minoranze cinesi.

L’annuncio è arrivato al termine della videoconferenza che si è tenuta il 30 dicembre tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, con il presidente cinese Xi Jinping, a cui si sono aggiunti anche la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron.

L’obiettivo è quello di “riequilibrare le relazioni economiche tra Cina e Unione europea” aprendo il mercato cinese agli investimenti europei nei settori delle telecomunicazioni, veicoli elettrici, servizi finanziari e ospedali privati. 

Il vicepresidente della Commissione Ue responsabile per il commercio, Valdis Dombrovskis lo ha definito “una pietra miliare per l’economia, che migliora l’accesso ad un mercato chiave globale e crea parità di condizioni per le nostre imprese”.  

L’accordo arriva a poche settimane dall’insediamento alla Casa Bianca di Joe Biden nonostante il consigliere per la Sicurezza Nazionale scelto dal presidente eletto, Jake Sullivan, avesse chiesto “preventive consultazioni con i partner europei sulle preoccupazioni comuni sulle pratiche economiche della Cina”.

Le preoccupazioni sulle accuse di sfruttamento del lavoro forzato nella regione autonoma dello Xinjiang, violazioni dei diritti umani e detenzioni di massa, avevano minacciato di complicare l’accordo che dovrà essere votato anche dal Parlamento europeo che 17 dicembre ha approvato con 604 voti a favore e 20 contrari una risoluzione in cui condanna il sistema di lavoro forzato guidato dal governo cinese, in particolare lo sfruttamento di uiguri, di persone di etnia kazaka e kirghisa e di altri gruppi minoritari musulmani, nelle fabbriche all’interno e all’esterno dei campi di internamento nella regione autonoma uigura dello Xinjiang, con la quale chiedeva tra le altre cose, di includere nel CAI “impegni adeguati per il rispetto delle convenzioni internazionali contro il lavoro forzato”; considerando, in particolare, “che la Cina dovrebbe pertanto ratificare le convenzioni dell’OIL sull’abolizione del lavoro forzato”. 

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