“I cinque quesiti sono l’inizio di un processo politico che non finisce il 12 giugno. Se ci fosse una vera informazione, il quorum si raggiungerebbe eccome. Mancano trenta giorni e la Rai ci propone spazi di pochi secondi”.
Lunedì scorso presso la sede del Partito Radicale si è tenuta la “più grande convention sugli errori giudiziari in Italia”. È stata l’occasione per presentare il libro della tesoriera Irene Testa dal titolo “Il fatto non sussiste. Storie di orrori giudiziari”, ma anche per fare il punto sulla campagna referendaria promossa insieme alla Lega. È intervenuto anche il leader del Carroccio Matteo Salvini: “I referendum saranno una spinta al Parlamento per fare quello che non ha fatto in trent’anni. Il 12 giugno gli italiani possono rivoluzionare la giustizia”. Facciamo il punto proprio con la radicale Testa.
Che bilancio fa della convention?
Un bilancio certamente positivo se consideriamo che più di 30 persone tra politici, amministratori, sindaci e persone comuni – alcuni accompagnati dalle loro famiglie – sono arrivati da tutta Italia per raccontare le loro vicende processuali. Radio radicale ha trasmesso in diretta l’evento e sono stata sommersa da messaggi e segnalazioni di ingiuste detenzioni. Nel nostro Paese esiste un esercito di persone perseguitate, incriminate e poi assolte a causa di una giustizia che non funziona e che, anziché far sentire il cittadino al sicuro e protetto, incute paura e distanza.
Nel suo libro lei passa in rassegna 25 storie, di personaggi noti e ignoti, perseguitati per anni da una giustizia che non funziona, protagonisti di veri e propri calvari giudiziari. Ci racconta qualcuna di queste storie, a partire da quella che l’ha più impressionata o emozionata?
Le storie raccolte, per un verso o per l’altro, mi hanno tutte emozionato perché queste persone raccontano il dolore profondo e a volte lacerante che hanno vissuto sulla propria pelle. Il professionista con la carriera distrutta, il sindaco o l’amministratore costretto a dimettersi e a subire la gogna mediatica, il povero cristo costretto a dover chiedere aiuto perché spesso non ha i mezzi per mandare avanti i processi. E poi ci sono le famiglie che sono vittime anche loro. Tra tutte le storie, quella che mi commuove sempre – anche se una vecchia storia – è quella di Aldo Scardella: aveva 25 anni, era uno studente universitario quando fu portato nel carcere Buoncammino di Cagliari accusato di omicidio. Aldo non resse alla grande ingiustizia che stava subendo e si suicidò lasciando un messaggio alla famiglia con scritto “mamma muoio innocente”. Nessuno ha mai chiesto scusa alla famiglia.
Qual è il denominatore che accomuna queste vicende?
Sicuramente le indagini preliminari. A volte leggiamo di inchieste fantasiose, altre volte emerge la superficialità degli inquirenti, altre volte si costruiscono castelli accusatori basati su labilissimi indizi. Nel nostro Paese per condannare una persona gli indizi dovrebbero essere gravi, precisi e concordanti. Purtroppo le migliaia di persone che ingiustamente finiscono in carcere ogni anno dimostrano il contrario. La giustizia e il diritto dovrebbero essere il pane di una società democratica
Quali possono essere i correttivi del sistema della giustizia per evitare casi simili?
Una riforma radicale della giustizia a partire intanto dai 5 quesiti referendari e poi, con la massima urgenza, l’introduzione della responsabilità civile dei magistrati e della separazione delle carriere, l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale e lo stop ai magistrati fuori ruolo.
La magistratura crede che stiate portando avanti i referendum per punirla appunto, tra l’altro, per questi errori. È così?
Niente affatto. È evidente che bisogna riformare quelle che sono delle lampanti distorsioni dovute all’arrendevolezza della politica. D’altronde siamo un Paese che si regge sul codice penale fascista. Che ci sia bisogno di una radicale riforma democratica è di tutta evidenza.
Qual è secondo lei il quesito più importante?
Sono tutti importanti e tanti altri ce ne vorrebbero. Questo per dire che è solo l’inizio di un processo politico che non si conclude certo con il voto del 12 giugno.
Il leader della Lega ha detto che sarà difficile raggiungere il quorum. Cosa si deve e si può fare da qui al 12 giugno?
Matteo Salvini ha anche aggiunto che non è impossibile raggiungere il quorum. Se ci fosse l’informazione dovuta e i cittadini fossero informati siamo certi che si raggiungerebbe il quorum e un risultato positivo sui quesiti referendari. Intanto abbiamo ottenuto che la questione giustizia è rientrata nell’agenda politica del Paese e del Parlamento.
Come ha scritto il presidente dell’Unione Camere Penali Gian Domenico Caiazza “Il silenzio della informazione, soprattutto da parte del servizio pubblico, è un fatto di inaudita gravità, che pregiudica il diritto dei cittadini ad essere informati”. Questa è una storica battaglia del Partito Radicale. Come si spiega tutto questo?
La nostra analisi sulla giustizia, come anche quella sull’informazione, è tutta contenuta anche nella sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 31 agosto scorso che riconosce che Marco Pannella e la Lista Pannella – e quindi il Partito Radicale – sono stati marginalizzati dalla vita politico-mediatica a causa della mancata informazione, condannando i comportamenti della Rai, dell’Agcom e della giustizia. Da anni al Partito radicale viene negata la possibilità di comunicare, di far conoscere le nostre iniziative e di farci quindi riconoscere, come diceva spesso Marco Pannella. Un vulnus costituzionale che attraversa la storia della Repubblica, che abbiamo denunciato e al quale continuiamo a opporre la resistenza di cui siamo capaci. Mancano circa 30 giorni al voto e la Rai ci propone spazi di pochi secondi che non consentono ai cittadini di poter approfondire, né tanto meno a noi di spiegare i quesiti e non produce spazi efficaci di informazione sulla data del voto.
Salvini ha parlato appunto di una “una lobby del silenzio” intorno all’appuntamento referendario. Si riferiva alla stampa o ad altro?
A tutta l’informazione italiana.
All’interno del Pd alcuni esponenti sono favorevoli a tutti i quesiti, altri solo ad alcuni. In generale come giudica l’atteggiamento del Pd e degli altri partiti nei confronti di questa occasione referendaria?
Hanno presentato domanda per partecipare al dibattito sui referendum per il sì, oltre noi e una serie di associazioni, solo la Lega e il Partito Socialista. Riteniamo molto grave che partiti che si candidano al governo del Paese di fronte alla questione giustizia si sottraggano dal dire la loro.
Nessun pentimento per aver portato avanti questa battaglia con la Lega?
Pentimento? Siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto sin qui e ci sono prospettive affinché, anche su altri fronti, si possa lavorare insieme. È eloquente quanto ha affermato ieri Roberto Calderoli ringraziando il partito radicale per averlo trasformato “da un ex giustizialista pentito in un garantista ancora più convinto”.
di Angela Stella
Il Riformista, 11 maggio 2022